In Chiesa Madre c’era tanta gente, nel rispetto naturalmente delle restrizioni anti covid, ma fuori il resto degli amici di Orazio, tutti quelli che non sono riusciti ad entrare, hanno atteso pazientemente la fine della messa, ai piedi dello striscione con il volto sorridente di questo gigante buono, stroncato nel pieno della sua vita da un virus subdolo che si è portato via tante persone nel mondo.
Orazio è stato la prima vittima gelese del covid. Dopo di lui Salvatore Spina, anche lui trasfertista gelese,. E poi Orazio Catania e Rosa Cosca, madre e figlio gelesi trapiantati al nord.
Quattro vittime innocenti di questa mattanza che la città ha pianto in questi mesi di pandemia.
Per Orazio adesso l’ultimo abbraccio. Sono passati ormai tre mesi da quando appena rientrato dalla Spagna e, prima di riabbracciare la sua famiglia, era tornato a Bergamo per completare un lavoro. Una disponibilità che gli è stata fatale.
Orazio infatti arrivò in Lombardia nei giorni cruciali del contagio. I primi sintomi influenzali, poi l’improvviso peggioramento, fino al ricovero e la morte.
Adesso, dopo oltre 90 giorni la famiglia ha potuto rendergli omaggio come meritava. Una celebrazione composta e dignitosa, con al posto della bara una foto con Orazio che sorride come era solito fare sempre, Un uomo buono e amato da tutti come testimonia la lettera della moglie, letta con emozione da don Enzo Cultraro che insieme a don Luigi Petralia ha officiato la celebrazione.
Al termine della messa c’è solo il tempo delle lacrime e degli abbracci, e poi il lungo applauso che le persone che amavano Orazio gli hanno tributato all’uscita dalla Chiesa. L’ultima sosta davanti lo striscione, ancora uno sguardo al suo sorriso, e poi Concetta, Emanuele e Gloria vanno via. Hanno mantenuto la loro promessa a quel pezzo di cuore andato via troppo presto ma che resterà sempre in cima ai loro pensieri di ogni giorno.