Dong Hai (Cina). Mentre in Italia la psicosi del Coronavirus è diventata in maniera costante sempre più virale rispetto alla stessa pandemia, in Cina diversi nostri connazionali stanno vivendo sulla loro pelle cosa vuol dire vivere in un Paese sotto quarantena, dove gli spostamenti sono limitati al minimo e dove è fondamentale usare precauzioni rigidissime per evitare ogni tipo di eventuale contagio. Trai tanti italiani rimasti in Cina c’è anche un giovane gelese, William Burgio, che lì insegna inglese e spagnolo. William vive a Dong Hai, nella regione dello Jiangsu dal 2018. La sua città si trova a circa 750 km da Wuhan, l’epicentro dell’epidemia. La sua esperienza in Cina è sempre stata positiva sin dal primo giorno, nella sua città ha trovato gente accogliente ed ospitale, e oggi in pieno allarme pandemia ha voluto raccontarci la sua esperienza attraverso il web. Da settimane vive tra le quattro mura di casa sua mentre tutto attorno le strade sono deserte e silenziose. Giorni difficili in un’atmosfera surreale che William ci racconta così: “Abbiamo saputo dell’allarme dell’epidemia a pochi giorni dai festeggiamenti del Capodanno cinese. Inizialmente pensavamo fosse un semplice virus, ma poi le cose sono radicalmente cambiate ed abbiamo ricevuto indicazioni dal Governo cinese che ci consigliava di annullare le vacanze e rimanere in casa per evitare il contagio”.
Com’è oggi la situazione nella zona in cui vivi?
“Qui tutte le città sono praticamente deserte, le scuole sono chiuse da mesi ma forniscono lezioni online agli studenti. Non usciamo molto e per fare la spesa ci affidiamo a delle app che ci consentono di acquistare qualsiasi bene di prima necessità e di farcelo consegnare a domicilio”.
Quali sono le tue sensazioni al momento, paura, tensione, serenità?
“Sono relativamente tranquillo, seguo con attenzione tutte le precauzioni consigliate per evitare il contagio. Mi lavo spesso le mani e, quando necessario, indosso la mascherina. Qui i controlli sono molto serrati, uomini dell’Esercito ti controllano la temperatura corporea e le vie della città sono sorvolate da droni che controllano chi c’è in strada”.
Quando pensi di rientrare in Italia?
“Al momento non penso di farlo, nonostante me lo chiedano in tanti. Sono in stretto contatto con l’Ambasciata Italiana che mi ha rassicurato sulla mia permanenza in Cina. E poi penso che mettersi in viaggio adesso, con gli aeroporti affollati di gente, significherebbe esporsi inutilmente ad un potenziale
contagio”.
Qui in Italia si è scatenata una vera e propria psicosi. Tanti episodi di razzismo nei confronti dei cinesi. Che ne pensi?
“Io credo che il peggior virus che possa esistere sia proprio l’ignoranza. Seguo molto le vicende italiane e trovo ridicolo che si possa aver paura di una persona solo perché ha gli occhi a mandorla. I cinesi che vivono da noi spesso non tornano in Cina da anni e qui vi posso assicurare che i controlli sono molto stringenti. Dovremmo ricordare più spesso che siamo tutti esseri umani e dovremmo imparare a provare più empatia per persone che in Cina hanno famiglie, amici e parenti e che magari vivono tutti i giorni con il terrore di ricevere cattive notizie”.