Gela. “Le richieste erano frequenti, spesso avvenivano nei loro uffici.
Gli avremmo dovuto garantire il trentatré per cento dell’importo complessivo dei lavori”.
Le presunte richieste di denaro. A descrivere un presunto sistema imposto agli allora responsabili della società elettrostrumentale Sudelettra, impegnata nell’indotto della raffineria Eni, è stato l’ex capocantiere. I pm della procura, per fatti che risalgono ad oltre dieci anni fa, ipotizzano il reato di tentata estorsione. In base alle accuse, alcuni responsabili tecnici di Eni avrebbero preteso soldi dall’azienda dell’indotto per facilitare le procedure successive all’acquisizione dei lavori. “Noi non abbiamo mai accettato – ha detto l’allora capocantiere Rocco Santoro – ricordo che abbiamo iniziato a lavorare in raffineria a fine 2005. Io riferivo sempre ai responsabili dell’azienda. Non accettavamo le richieste e, spesso, c’erano ritardi nel saldo dei pagamenti per i lavori svolti”. A processo, a rispondere alle accuse, ci sono Rocco Romano, Cono Maugeri, Alberto Scibetta, Giacomo Iozza, Vincenzo Izzia e Salvatore Minacapelli. La ricostruzione fornita dal testimone, che davanti al giudice Miriam D’Amore ha risposto alle domande del pm Pamela Cellura, è stata però respinta dai difensori di tutti gli imputati.
Sono stati prodotti anche i tabulati informativi del sistema interno Sap di Eni, quello utilizzato per la contabilizzazione dei lavori e i successivi pagamenti, che invece proverebbero la regolarità delle procedure. Per i difensori, quindi, nessun ritardo “punitivo” ai danni della Sudelettra. Furono proprio i referenti locali dell’azienda lucana a denunciare quanto sarebbe accaduto. Denuncia che, come ribadito dalle difese degli imputati, venne formalizzata davanti ai militari della guardia di finanza solo dopo diversi anni. Gli imputati hanno sempre negato di aver chiesto soldi non dovuti, nonostante alcuni di loro siano stati licenziati da Eni dopo l’avvio dell’indagine penale. “In un caso – ha poi concluso il testimone – ci venne chiesto di acquistare il pavimento che uno dei tecnici doveva collocare nella sua abitazione privata”. Il giudice D’Amore, in attesa di sentire in aula un altro responsabile della società lucana, ha già comunque preannunciato la prescrizione dei reati. Prescrizione alla quale, però, potrebbero forse rinunciare tutti gli imputati che sono difesi dagli avvocati Antonio Gagliano, Flavio Sinatra, Fabrizio Ferrara, Rocco Guarnaccia, Vincenzo Vitello e Giusy Troni.