Gela. Vent’anni di reclusione per il quarantacinquenne calabrese Salvatore Moio. La richiesta, questa mattina davanti al gup del tribunale di Caltagirone, è stata avanzata dalla procura calatina per l’omicidio del gelese Paolo Costarelli. Il sessantenne, due anni fa, venne strangolato all’interno della cella del carcere di Caltagirone che condivideva con lo stesso Moio, già detenuto sempre per omicidio. Un accaduto che la famiglia della vittima individuò subito come assai anomalo. Il corpo del gelese, recluso per scontare una pena definitiva ma di limitata entità, fu ritrovato dagli agenti della penitenziaria a distanza di due giorni. Moio ammise l’omicidio, spiegando agli investigatori di aver agito con lacci per scarpe, usati per strangolare la vittima. Costarelli, che assumeva farmaci, avrebbe cercato di reagire ma venne sopraffatto. La difesa dell’imputato, sostenuta dal legale Salvatore Di Gioia, ha scelto il rito abbreviato. Questa mattina, l’imputato ha rilasciato dichiarazioni spontanee, riferendo di aver aggredito Costarelli perché pare che fosse stato minacciato e vessato. Una versione che i legali dei familiari, parti civili nel procedimento, hanno subito respinto, definendola “di comodo”. Hanno precisato che diversi altri detenuti, ristretti nello stesso braccio del carcare calatino, raccontarono degli atteggiamenti violenti e di imposizione spesso tenuti dall’imputato.
I legali Vittorio Giardino, Giuseppe Cascino e Giuseppe Smecca, in rappresentanza dei familiari di Costarelli, hanno concluso per la condanna, ritenendo del tutto provata l’azione del detenuto calabrese. Sono certi che agì intenzionalmente al solo fine di aggredire ed uccidere il compagno di cella. La decisione del gup dovrebbe arrivare a marzo, quando è prevista la prossima udienza. Quello del sessantenne gelese non è l’unico caso di morte violenta verificatosi negli ultimi anni all’interno del penitenziario calatino, struttura che ha fatto registrare altre vicende di questo tipo.