Venne licenziata dall’azienda, dieci anni per una sentenza: di nuovo dai giudici

 
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Gela. Dieci anni per ottenere il riconoscimento di quanto dovutole dal titolare dell’azienda che la licenziò oramai nel 2004. Dopo il sì al suo ricorso pronunciato dai giudici della corte d’appello di Caltanissetta, l’ex addetta alle vendite

di un’azienda cittadina ha deciso di non fermarsi, rivolgendosi ai giudici catanesi.
Intende ottenere un risarcimento per il tempo trascorso prima di conseguire un verdetto in tribunale. Insomma, un caso di giustizia decisamente molto lenta. Insieme al suo legale di fiducia, l’avvocato Joseph Donegani, la donna chiede di avere ciò che le spetterebbe dopo aver atteso un decennio prima della decisione dei giudici.
Il licenziamento le costò non solo il lavoro ma anche diverse retribuzioni non ricevute. Così, decise d’intraprendere le vie legali senza però immaginare di dover attendere un decennio prima di ricevere il verdetto.
L’avvocato Joseph Donegani ha scelto, insieme alla sua assistita, di agire davanti ai magistrati catanesi, competenti in questa materia, facendo leva sulla legge Pinto.
In base alle normative europee sul giusto processo, la durata massima dell’intero iter giudiziario, tra primo e secondo grado, non dovrebbe mai superare i cinque anni. Nel caso dell’ex addetta alle vendite, invece, il termine è stato abbondantemente sforato.
La sua storia processuale ha avuto inizio all’indomani del licenziamento.
A conclusione del lungo rito del lavoro in primo grado, ottenne un no alle richieste inoltrate. Per questa ragione, l’avvocato Donegani impugnò il verdetto davanti alla corte d’appello di Caltanissetta. I giudici di secondo grado, invece, ribaltarono la decisione pronunciata dai colleghi, riconoscendolevi una serie di diritti contributi e previdenziali violati dall’ex datore. Dieci anni, però, secondo il legale e la sua assistita, sono decisamente troppi, soprattutto in una causa di lavoro.
La donna ha dovuto sostenere lunghissimi periodi di disoccupazione, senza poter contare su un vero e proprio reddito. Adesso, saranno i giudici della corte d’appello di Catania a valutare le richieste.

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