Gela. La decisione di secondo grado rispetto alla responsabilità è stata confermata. I giudici di Cassazione hanno dato seguito a quanto era stato già deciso, sul piano appunto della responsabilità, dalla Corte d’appello di Caltanissetta, nel procedimento scaturito da prestiti ad usura che misero in crisi un’azienda edile locale, che all’epoca aveva diverse commesse anche fuori dalla Sicilia. Due anni e sei mesi di reclusione erano stati disposti per Roberto Ingegnoso. In base alle accuse, fu lui a pretendere interessi ad usura su somme che concesse agli imprenditori in difficoltà, che si sono costituiti parti civili nel procedimento, assistiti dai legali Giovanna Zappulla e Davide Limoncello. La procura generale ha chiesto la conferma della decisione di secondo grado e anche i legali di parte civile hanno insistito (agli imprenditori danneggiati era già stato riconoscuto il diritto al risarcimento). I difensori, gli avvocati Flavio Sinatra e Alfredo Gaito, hanno invece avanzato ricorso per ottenere l’annullamento della sentenza d’appello. Già nel corso degli altri gradi di giudizio, venne messo in dubbio che il rapporto tra Ingegnoso e gli imprenditori che ottennero i prestiti potesse ricalcare quello tra usuraio e vittime dei prestiti a strozzo. Furono richiamati anche interessi economici in comune. Per la Cassazione, c’è la conferma della responsabilità.
Nei precedenti gradi di giudizio, la condanna a due anni di reclusione era stata emessa anche per Salvatore Ingegnoso. I magistrati romani hanno indicato l’annullamento con rinvio, nuovamente ai giudici di appello, sia per il punto relativo alla confisca di beni di Roberto Ingegnoso, sia per quello che tocca le circostanze e potrebbe incidere sulla pena finale. Aspetti che saranno nuovamente valutati.