Gela. Affrontare il problema dell’Unità d’Italia, dopo 160 anni, sicuramente costituisce un impegno troppo arduo e difficile, anche perché la bibliografia ufficiale, ha esteso una coltre di silenzio impenetrabile e non discutibile. Nel 1860, nasceva l’unità d’Italia, macchiata da tanti crimini, commessi dai piemontesi che non giustificano le atrocità comportamentali sul popolo duo Siciliano. Siccome l’Unità d’Italia non poteva esistere macchiata di tante atrocità, il mondo colto del nord, si è impegnato a cancellare tutto del meridione, storia, dignità e moralità definendolo solo e semplicemente brigante per dare modo ai pensatori dell’epoca e a quelli di oggi di non macchiare l’argomento scabroso dell’unità d’Italia. Argomento atteso da oltre 1400 anni dalla caduta dell’impero romano d’occidente, come un semplice avvenimento storico e di poco conto. L’unità, decantata da tutta la cultura Italiana, non poteva essere tramandata ai posteri rivestita di sangue umano e di tutti i termini dispregiativi esistenti nell’universo, bisognava ricoprirla di quel manto di purezza di cui godevano i piemontesi(assassini) e gli uomini onesti impegnati in quell’operazione. Niente di tutto questo è vero se non avessimo appurato che tutti gli uomini impegnati nell’operazione erano ladri e sfruttatori incalliti, privi di alcun segno di moralità, ma spregiudicati assassini e (come i lanzichenecchi) ladri della portata di Garibaldi, Cavour, Vittorio Emanuele II, di Francesco Crispi, Mazzini, Rosolino Pilo, Cialdini e di tanti altri che non è necessario ricordare, ma che (loro stessi) ricordano i grandi saccheggiatori barbari. Erano tutti massoni facenti parte alle logge massoniche ancora oggi esistenti, perciò atei e senza principi morali, con l’obiettivo di distruggere la chiesa cattolica e la cultura Greco Romana, con tutti i principi di onestà e moralità, praticati fino a quel momento. Una politica del laisser faire che ha permesso alla malavita organizzata di affermarsi e di agire a suo piacimento senza essere contrastata dalla giustizia, secondo il sistema Palamara, inesistente e venduta al gruppo di democrazia proletaria. Come è possibile che delle regioni italiane avessero potuto sovvertire la verità storica? Come era possibile che tutta la nostra cultura meridionale, in particolare i nostri politici, avessero potuto tacere su fatti così orribili? E soprattutto perché a piangere i sacrifici dell’unificazione, dovevano essere soltanto i meridionali a beneficio del nord che ne ha tratto tutti i vantaggi e continua ancora oggi a progredire e trarre benefici a discapito del sud? Giusto il silenzio imposto, ma fate in modo che anche il sud tragga alcuni benefici per il progresso economico e sociale del suo territorio. Oggi siamo antropologicamente mafiosi, non possiamo nemmeno lamentarci, ma siccome la mafia la gestite voi del nord, fermatevi per un momento e riflettete, come potete controllare questo fenomeno? Parole inutili, perché questi discorsi possono essere fatti in momenti in cui vigono sani principii morali, ma la società che avete creato è malata, corrotta, ricca di filibustieri e di gente senza scrupoli, perciò non ci si può attendere nulla di buono e aspettiamo come il topo che dice alla fava, dammi tempo che io ti perforo e ti distruggo. Per questi sani principi di onestà intellettuali sono completamente spariti dal linguaggio comune, dove hanno preso piede i poteri della malavita organizzata, al disopra delle leggi nazionali, ormai senza nessuna validità giuridica, perché contrastati da leggi e leggine in contrapposizione le une dalle altre, dove i processi durano una eternità e dove la verità stenta ad emergere. Questi i principi che emergono dal testo di Palamara e Sallustio sul “sistema” elaborato e scritto, la magistratura democratica che fa capo alla sinistra italiana, gestisce dittatorialmente sia il Csm che l’Anm, i massimi organismi giurisdizionali dello Stato Italiano. Avremmo bisogno di una modifica del sistema giudiziario italiano, come la grande riforma operata dal grande Giustiniano nel lontano 529 dopo Cristo. Elaborando il corpus iuris civilis per riordinare il sistema giudiziario bizantino, tentativo riproposto dal giurista Gentile nel ventennio fascista. Oggi parlare in Italia di riforme strutturali è solo perdita di tempo, perché si sono abbarbicati tanti centri di potere, che pensare di metterli da parte è un sogno onirico di impossibile realizzazione. Se poi queste organizzazioni fanno parte, o vicine al gruppo di democrazia proletaria, non esistono mezzi per condannarli, in quanto il Partito Democratico che pacificamente ha occupato tutti i centri di potere, non permette a nessuno di intromettersi, visto che ha smarrito i rapporti con la base produttiva, occupando università, magistratura, sanità e qualsiasi centro che gestisce potere in Italia.
Oggi la sinistra malata è solo preoccupata di evitare le elezioni perché, come dice un ex responsabile del Pd (Bersani), potrebbe esserci la possibilità che a vincere le elezioni nazionali potrebbe malauguratamente trovarsi la desta fascista. Su questa posizione si trova lo stesso presidente della repubblica che in tutti i modi ha evitato di andare alle elezioni nazionali, per dare modo alla sinistra di organizzarsi, visto che nelle ultime elezioni aveva perso molto del suo elettorato e allora per mantenere in vita il Pd, ha escogitato, attraverso i principi costituzionali tutte le scappatoie per portare la sinistra al governo, facendo governi istituzionali di vario tipo e non mandare il popolo Italiano alle urne. Così dal 2011 abbiamo avuto governi del presidente della repubblica per non andare al voto e per evitare che vincesse la destra ignorante che si sarebbe permessa di votare i fascisti, attuare così la teoria di Garibaldi per fare sparire il Papa, definito “un metro cubo di letame”. Lo stesso comportamento tenuto dall’altro grande presidente comunista dalla repubblica Italiana, Giorgio Napoletano. Ormai sono passati venti anni che al Quirinale non siedono Presidenti della Repubblica di destra.
Povero Maganuco, neanche quando loda il fascismo per il quale sembra battere il suo cuore ne azzecca una. Giovanni Gentile non era un giurista, la sua riforma riguardò la pubblica istruzione. Il “sistema giudiziario”, come lo chiama lui, fu riformato da Alfredo Rocco. E mi raccomando, studiare mai.