Gela. Come la cultura italiana abbia potuto denigrare dalla storia vera un popolo, il regno delle due Sicilie, cancellando tutta la sua storia con tutte le sue tradizioni e i suoi principi morali?
Leggendo, del filosofo Giordano Bruni Guerri, la prefazione del testo “Il sangue del sud”, si scopre apertamente il fine politico che ha permesso questo indecoroso comportamento di tutti gli uomini di cultura e politici di allora e di oggi.
Il professore di storia contemporanea, Bruno Guerri, inizia con l’esame di un trafiletto del grande poeta milanese, Alessandro Manzoni, che recita; “l’Italia una d’armi, di lingua, d’altare, di memoria, di energia, e di cor“, frase che aveva ispirato tutta la letteratura precedente ricca di amore di patria e di dignità personale.
La cosa non poteva interessare il Manzoni che stava vivendo quell’esperienza in prima persona, perché faceva parte del Governo dei Savoia, essendo un parlamentare del Governo presieduto da Cavour. Perciò non poteva non conoscere i misfatti commessi o programmati dai piemontesi contro il popolo duo Siciliano.
L’autore rafforza la sua tesi con la citazione di Massimo D’Azeglio che scrisse in una lettera privata: “la fusione con i Napoletani mi fa paura; è come mettersi a letto con un vaioloso” e poi ancora, visto che “al sud c’erano banditi veri, criminali comuni, durante e dopo l’unità” la cultura nordista, i politici e l’opinione pubblica, “consideravano l’opposizione del sud come una manifestazione rancorosa con pulsazioni irrazionali” contro i pacifici colonizzatori piemontesi.
Dove il professore avesse attinto queste informazione non è dato sapere, ma sono serviti per giustificare il saccheggio dei lanzichenecchi nordisti al popolo duo Siciliano, relativamente felice fino all’attacco dei criminali tosco-padani.
Forse aveva letto la lettera di lord Gladstone, l’Inglese che non si preoccupava della trave che oscurava completamente la sua vista e invece si curava della pagliuzza dei piccoli centri.
Infatti, non vedeva tutto quello che gli Inglesi facevano agli Irlandesi e ai diseredati massacrati sulle rive del Tamigi.
Giustamente i briganti del sud non si sentivano Italiani ma ritenevano i nemici del nord usurpatori, colonizzatori, arrivati solo per conquistare e per cancellare la storia patria, i costumi, i legami e le appartenenze.
Che grande scoperta da parte dell’autore, è tutto vero, quello che hanno fatto e dopo 160 anni di dominio colonialistico, ancora oggi è possibile dimostrare la veridicità di tale comportamento.
Gli Unni, invasori nordisti, avevano una giustificazione onorevole, grandiosa, fare l’Italia unita, perciò gli stupri di uomini e donne, il saccheggio delle chiese, le uccisioni di massa e le fucilazioni di uomini inermi, vedi la fucilazione di Angelina Romano di soli nove anni, non scalfiscono minimamente i santi uomini del nord, anzi hanno un motivo in più per rispettare il detto del Manzoni.
Altro uomo di cultura ipocrita che aiutò il capo del governo Urbano Rattazzi a risolvere la questione finale dei meridionali a cercare una isola della Patagonia dove trasferire il popolo duo Siciliano in qualche isola sperduta del mondo.
Ma fortunatamente allora l’esistenza di popoli sicuramente non barbari come i piemontesi, non acconsentirono a portare popoli inermi in zone desertiche del mondo.
Questi i nostri salvatori dai Borboni!! Questi popoli con grande moralità e dignità, non concessero ai massacratori piemontesi spazi disponibili in zone sperdute del mondo, altrimenti ci troveremmo abitatori di regioni sperdute o morti definitivamente. Mentre si discuteva su questo punto, c’erano quelli che sostenevano che dietro al brigantaggio c’erano il Papa o la lunga manus dei Borboni, altri suggerivano che il” motivo principale e l’obiettivo andassero ricercati nelle condizioni di minorità sociale, di miseria della plebe meridionale”.
Dove attinge queste notizie l’ipocrita storico Bruno Guerri? Fino al 1860 l’emigrazione era conosciuta solo al nord. La città più popolata dell’Italia era Napoli con 440.000 abitanti, l’apporto al nuovo regno fu quello del sud più consistente 443.000 milioni, però per la cultura prezzolata il sud era povero e il nord ricco. Ma è sconcertante la conclusione del professore di storia contemporanea dell’università “Guglielmo Marconi” di Roma e molti altri incarichi quando afferma: “la guerra in-civile come quella andava dimenticata, rimossa o almeno ridimensionata alla stregua di una semplice, per quanto sanguinaria operazione di polizia.
Le figure luminose, quelle da consegnare agli archivi della memoria sono altre con tricolore sventolanti, imprese da trasmettere alle future generazioni nei manuali di scuola, per sancire una medesima identità collettiva”.
Così conclude la sua prefazione al testo “Il sangue del sud” e da questa conclusione che la cultura italiana trae spunto per asservirsi all’opinione dei letterati e non considerare la vera storia tradita, cancellando per l’eternità e annullando contro storia e revisionismo storico tanto minaccioso per il nord colonizzatore selvaggio.
Noi non possiamo fare altro che dimenticarci del nostro passato per permettere a questi in-civili letterati e politici, di continuare a dire che eravamo poveri e incolti, così da permettere a questi barbari nordisti di dire che sono venuti a liberarci dai barbari Borboni. Così la storia degli ipocriti assassini è salva. Viva l’unità dell’Italia immorale e falsa!
Il distico (non un trafiletto!) manzoniano citato nell’articolo recita: «Una d’arme, di lingua, d’altare, / di memorie, di sangue, di cor» e non «Una d’arme, di lingua, d’altare, / di memoria, d’energia, e di cor», formulazione che suona molto Enel. Se Maganuco avesse studiato lo saprebbe, come saprebbe che quei versi furono scritti nel 1821 mentre Ferdinando I faceva occupare la Sicilia dalle truppe austriache facendone pagare le spese ai siciliani. Saprebbe altresì che il romanzo «I promessi sposi» apparve nell’edizione definitiva tra il 1840 e il 1842, quando l’unico sovrano che faceva sparare sui meridionali si chiamava Ferdinando II e regnava a Napoli.