Gela. Prima di iniziare il turno di servizio in raffineria, non si sarebbe
munito del necessario rilevatore, previsto nella dotazione.
Le esalazioni pericolose. E’ quanto emerge dalla ricostruzione, condotta in aula, da una degli ispettori dell’Asp che si occupò di accertare le cause del malore patito da un vigilante della società La Sicurezza, nel novembre di cinque anni fa in servizio proprio tra gli impianti della raffineria Eni. L’uomo sarebbe stato raggiunto da esalazioni, probabilmente di idrogeno solforato. “Dai nostri riscontri, è emerso che i rilevatori di sostanze pericolose erano nella dotazione a disposizione dei vigilantes – ha spiegato l’ispettore – probabilmente, quel giorno, l’operatore non l’aveva con sé. Le esalazioni sarebbero giunte dal collettore blue down, che era stato sottoposto ad interventi di riparazione solo qualche giorno prima”.
A rispondere di quei fatti, con il vigilante privato costretto al trasferimento in ospedale, sono Serafina Paterniti, Bernardo Casa, Michele Viglianisi, Arturo Anania, Raffaele Solbara, Orazio Giampiccolo e la società Raffineria di Gela. Sono a processo davanti al giudice Tiziana Landoni. “Escludo che i responsabili di raffineria avessero l’obbligo di comunicare eventuali disfunzioni del collettore – ha aggiunto la testimone – il vigilante avrebbe dovuto avere con sé il rilevatore, che abbiamo trovato nelle auto della società privata, utilizzate per entrare in raffineria”.
Alla fine, all’operatore raggiunto dalle esalazioni pericolose venne riconosciuto un infortunio di cinquanta giorni. Nuovi testimoni verranno sentiti nel corso delle prossime udienze.