Gela. Un passivo da circa quaranta milioni di euro e l’enorme difficoltà di ricostruire le vicende finanziarie. La presunta bancarotta. Ci sarebbe questo dietro al crack della società metalmeccanica Emi, per anni impegnata nell’indotto della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore. A processo, davanti al collegio penale presieduto dal giudice Miriam D’Amore, a latere Ersilia Guzzetta e Tiziana Landoni, c’è l’ex amministratore del gruppo Paolo Lizzio. E’ accusato di bancarotta fraudolente. In aula, a testimoniare, sono stati chiamati sia il curatore fallimentare che il consulente nominato dai magistrati della procura nel tentativo di ricostruire i conti del gruppo. I testimoni hanno risposto alle domande poste dal pubblico ministero Monia Di Marco e dal difensore dell’imputato, l’avvocato Joseph Donegani. “Venni a sapere solo dai funzionari di Eni dell’esistenza di un’area di cantiere, all’interno della raffineria, riferibile alla Emi – ha spiegato il curatore fallimentare – purtroppo, tutti i materiali erano oramai inutilizzabili e da smaltire. Non ho avuto a disposizione le scritture contabili che vennero depositate solo successivamente”. Sarebbe stato difficile, inoltre, risalire anche alla sede amministrativa della società. Come ribadito dal difensore, Lizzio lasciò comunque l’incarico di amministratore già nell’aprile del 2007. Lo stesso imputato potrebbe essere sentito durante la prossima udienza.