Gela. Messa in liquidazione e successivo fallimento sospetti? Proseguono le indagini avviate dopo il crack della cooperativa Comeco, una delle più importanti aziende impegnate, fino a due anni fa, nell’indotto della fabbrica Eni.
L’attività del gruppo metalmeccanico, però, si fermò per presunti problemi di solidità finanziaria. Fino a quel momento, alle sue dipendenze lavoravano circa cento operai, compresi molti soci.
Nelle scorse settimane, è stata disposta una proroga delle indagini affidate ai magistrati della procura. Dopo la chiusura dei cantieri Comeco, contratti e lavori vennero affidati ad altre due aziende. Per settimane, i lavoratori rimasti fuori dalla fabbrica protestarono, lanciando sospetti proprio sull’effettiva sussistenza dei conti in rosso.
Negli scorsi mesi, alcuni soci lavoratori sono stati sentiti dai militari della guardia di finanza, nel tentativo di ricostruire i passaggi della repentina crisi abbattutasi sulla cooperativa. Adesso, è arrivata la proroga delle indagini.
Dopo quel convulso periodo, diversi ex lavoratori Comeco non hanno più fatto rientro tra gli impianti della fabbrica Eni, finiti nella lista di disponibilità predisposta in base ad un accordo risalente all’estate del 2012. Lo scorso anno, inoltre, una dei container collocati nell’ex cantiere Comeco all’interno dello stabilimento Eni venne distrutto dalle fiamme: in fumo finirono faldoni conservati proprio all’interno della struttura.