Un autentico scrigno di storia e arte: il cuore urbano di Gela tra racconti e vicende che non conosci
Piazza Umberto I e Chiesa Madre di Gela: neoclassico, fontana storica, icona bizantina e iscrizione segreta sotto l’altare.
Nel cuore del centro storico di Gela, la Piazza Umberto I, affiancata dall’imponente Chiesa Madre di Santa Maria Assunta, è un autentico scrigno di storia e arte. Voluta dal cuore civile e religioso della città, la piazza – un tempo chiamata “del Duomo” – è testimone di restauri, monumenti e segreti nicchiati tra colonne doriche e torri campanarie, recuperati con passione nel corso dei secoli.
La piazza: cuore urbano e memoria
La Piazza Umberto I, piazza municipale fin dal XIX secolo, è dominata al centro da una fontana circolare d’epoca, circondata da palazzi eleganti e dal prospetto neoclassico della Chiesa Madre. Circolano racconti di come, un tempo, fosse luogo di fiere popolari e cupe cerimonie religiose, legate alle confraternite gelesi; tuttora è teatro di eventi civili e celebrazioni religiose.
Qui si respira la trama urbana gelese: vie ortogonali che conducono alla piazza, accesso agevole e centralissimo a monumenti come il Palazzo del Comune e il Teatro Eschilo, con sedili in pietra calpestati per millenni.
La Chiesa Madre: neoclassico, arte e stratificazioni
La Chiesa di Santa Maria Assunta, edificata tra il 1766 e il 1844 su disegno dell’arch. G. Di Bartolo Morselli, sostituì la più antica Santa Maria de’ Platea. Il suo stile neoclassico (colonne doriche e ioniche, torre campanaria elevata nel 1837) si fonde con elementi barocchi interni: altari in marmo colorato, stucchi e affreschi di maestri come G. Tresca e Deodato Guinaccia.
All’interno, su un altare minore, troviamo una icona bizantina della Madonna dell’Alemanna, legata a una leggenda medievale: pare che l’icona venne recuperata da pastori nelle campagne circostanti e portata proprio qui, suggellando un culto duraturo
Curiosità
Fino ai primi anni Cinquanta, nella piazza troneggiava un busto marmoreo di Re Umberto I, realizzato in marmo di Carrara dall’artista Antonio Ugo. Fu rimosso nel 1952 in nome della nuova identità repubblicana: una memoria in pietra che ha resistito al tempo, benché oggi celata dai restauri e dai pedoni.
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