Gela. Sarà il giudice civile a decidere se ammettere la testimonianza del collaboratore di giustizia Marcello Orazio Sultano, tra gli ex capi della stidda. L’omicidio. Il suo esame, infatti, è stato chiesto dal legale che rappresenta il figlio di Tommaso Esposito Ferrara, ucciso nel novembre di ventinove anni fa. Fu vittima di un vero e proprio agguato di mafia. L’obiettivo prescelto, però, era il trentacinquenne Orazio D’Amico, a sua volta raggiunto e colpito a morte dai killer. L’avvocato Giuseppe Cascino ha chiesto di poter esaminare il collaboratore di giustizia nell’ambito del procedimento avviato con l’obiettivo di ottenere un risarcimento in favore del figlio di Esposito Ferrara. Il giovane, ancora molto piccolo quando il padre, allora solo ventiquattrenne, venne ucciso, chiede di essere risarcito per quanto accaduto. Una richiesta indirizzata allo stesso Marcello Orazio Sultano. Tommaso Esposito Ferrara non aveva mai avuto rapporti con i clan di mafia. Sarebbe stato ucciso solo perché si trovava insieme a D’Amico.Per quella spedizione di morte, almeno da un punto di vista penale, non c’è mai stata una condanna. Uno dei componenti del commando di fuoco morì mentre era recluso; per Marcello Orazio Sultano, invece, arrivò l’assoluzione per insufficienza di prove. Il figlio, così, ha scelto di rivolgersi anche alla giustizia civile, dopo aver avviato l’iter amministrativo per il riconoscimento, in favore del padre, dello status di vittima della mafia. La testimonianza di Sultano, che già in passato si è autoaccusato di diversi omicidi, potrebbe svelare le vere responsabilità.