Uccise la moglie, sequestro beni: Cassazione, Scudera non poteva vendere l’abitazione

 
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Scudera è stato condannato in via definitiva per l'omicidio di Rosaria Palmieri

Gela. La condanna all’ergastolo per l’omicidio della moglie, la ventenne Rosaria Palmieri, divenne definitiva quattro anni fa. In base a quanto emerso dalle indagini e confermato dai giudici, il sessantaquattrenne Vincenzo Scudera, che intanto si era rifatto una vita a Pesaro, nelle Marche, uccise la consorte e fece sparire il corpo. I fatti vennero ricostruiti ad anni di distanza. Di Rosaria Palmieri si persero le tracce trentacinque anni fa. Scudera ha sempre negato ogni responsabilità ma l’accusa spiegò che uccise la giovane per intrecciare una nuova relazione sentimentale. Gli inquirenti accertarono che non presentò mai alcuna denuncia di scomparsa della donna, nonostante quanto avesse comunicato ai familiari e ai parenti. Negli scorsi mesi, la Cassazione è tornata ad occuparsi di una vicenda legata al bracciante. Sono state depositate le motivazioni con le quali i giudici romani hanno respinto il suo ricorso, avanzato contro la revocatoria ottenuta dalla madre e dalle sorelle della vittima. La Corte d’assise di Caltanissetta, come giudice dell’esecuzione, indicò l’inefficacia di un atto di vendita attraverso il quale Scudera cedeva la parte di sua pertinenza dell’abitazione di Pesaro. Atto di cessione firmato in favore del figlio. La madre e le sorelle di Rosaria Palmieri, nel giudizio parti civili e alle quali è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni e una provvisionale in denaro, si opposero. Anche sulla quota di quell’immobile infatti gravava il sequestro conservativo deciso dai giudici. Il riesame confermò il sequestro. Per i magistrati ci sarebbe stato il tentativo di eluderlo, proprio con la cessione della quota dell’abitazione al figlio. La difesa di Scudera si è rivolta alla Corte di Cassazione che però ha respinto il ricorso, così come concluso anche dalla procura generale. Per i giudici romani non sono emerse condizioni per ritenere che la cessione potesse essere effettuata. Nelle motivazioni, viene precisato che non è maturata la prescrizione della revocatoria penale. Inoltre, per i giudici di Cassazione ci sarebbe stata la consapevolezza di arrecare un danno alle parti civili, sottraendo al sequestro la quota dell’immobile. E’ esclusa anche la “buona fede”.

“Infine, suggestivamente ma infondatamente, il ricorrente rileva che la procura speciale a vendere l’immobile oggetto di revocatoria era stata rilasciata da Scudera in favore della moglie (sposata in seconde nozze n.d.r.) nel 2004 e, dunque, dieci anni prima dell’inizio del procedimento penale a suo carico. E’ infatti evidente la differenza, sul piano degli effetti nel patrimonio del debitore, tra una semplice procura a vendere e un atto di vendita notarile, tant’è che è quest’ultimo quello cui il giudice di merito ha fatto corretto riferimento quale atto pregiudizievole alle ragioni delle parti civili”. La madre e le sorelle della vittima, nel corso del tempo, hanno cercato di risalire alla verità di quanto accaduto. Si sono poi costituite nel procedimento penale, assistite dagli avvocati Maria Platania e Serena Cilia.

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