Gela. Cade l’aggravante della premeditazione, ma i giudici
della Corte d’assise d’appello di Caltanissetta hanno confermato l’ergastolo al cinquantottenne Vincenzo Scudera.
Cade la premeditazione. Era accusato dell’omicidio dell’ex moglie, l’allora giovanissima Rosaria Palmieri, i cui resti non sono mai stati trovati. La giovane donna sparì nel nulla trent’anni fa. Per gli investigatori, l’imputato avrebbe ucciso la consorte e poi occultato il cadavere, solo per avviare una nuova relazione sentimentale, con una familiare della vittima. Dopo la condanna all’ergastolo in primo grado, il difensore di fiducia, l’avvocato Flavio Sinatra, ha impugnato il verdetto, ottenendo, in appello, la riapertura dell’istruttoria dibattimentale. In base alla linea difensiva, infatti, non ci sarebbero mai stati elementi d’accusa concreti per collegare Scudera, che intanto si era rifatto una vita nelle Marche, alla scomparsa dell’ex moglie. I giudici della Corte d’assise d’appello, anche se le motivazioni verranno depositate solo tra novanta giorni, sembrano aver accolto in parte quanto sostenuto dal difensore.
Scudera, quindi, non avrebbe premeditato l’omicidio, ma avrebbe comunque ucciso la moglie per “motivi abietti”, tanto da giustificare la pronuncia del carcere a vita. Le indagini, che erano state chiuse in passato senza che si desse una spiegazione alla scomparsa della giovane, vennero riaperte dai carabinieri del reparto territoriale e dai pm della procura, soprattutto su impulso di una segnalazione arrivata dal figlio, nato dalla relazione tra l’imputato e la vittima. Scoprì che il padre, al contrario di quanto riferito ai familiari, non aveva mai presentato una denuncia di scomparsa. Il cerchio investigativo si chiuse proprio intorno a Scudera che venne arrestato a Pesaro, dove si era oramai da tempo trasferito. A suo carico, gli investigatori hanno presentato le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia. La difesa, però, ha contestato l’intera ricostruzione della vicenda, non solo mettendo in discussione che Scudera abbia ucciso l’ex consorte, ma soprattutto sottolineando l’inesistenza di concreti elementi per confutare le accuse in giudizio. L’imputato non ha mai ammesso di aver ucciso la donna. Caduta la premeditazione, l’ergastolo è stato comunque disposto perché Scudera avrebbe ucciso per “motivi abietti”, ovvero con l’unico obiettivo di eliminare quello che riteneva un ostacolo tra lui e la nuova relazione sentimentale. Così, sarebbe maturato l’omicidio della giovanissima moglie che, probabilmente, aveva compreso il tradimento del marito. I familiari di Rosaria Palmieri si sono costituiti parte civile nell’intero procedimento, sia in primo che in secondo grado. A questo punto, non è da escludere che la difesa dell’imputato possa decidere di rivolgersi alla Corte di Cassazione.