Gela. Nessun’attenuante per l’operaio metalmeccanico Vincenzo Valenti e il giudice dell’udienza preliminare lo condanna a sedici anni e quattro mesi di reclusione. E’ la decisione pronunciata dal gup Veronica Vaccaro.
L’uomo venne arrestato dai carabinieri nel settembre di due anni fa nella zona di via Nicolò Minardi con l’accusa di aver ucciso, in strada a pochi metri dall’abitazione di famiglia del quartiere Sant’Ippolito, il fratello trentenne Alessandro. In questo modo, è stata accolta la richiesta formulata dal pubblico ministero Serafina Cannatà. L’operaio, al culmine dell’ennesima lite familiare, ha colpito alla gola con un coltello il giovane fratello che cadde rovinosamente in strada. I legali di difesa, gli avvocati Carmelo Tuccio e Emanuele Maganuco, hanno sottolineato come l’imputato, giudicato con il rito abbreviato che gli ha garantito uno sconto di pena, si fosse soltanto difeso dall’aggressione del fratello. Secondo i difensori, quindi, non si sarebbe trattato di un’aggressione programmata nei minimi particolari ma solo di una violenta reazione davanti alla provocazione della vittima.
I dubbi sul cacciavite e il risarcimento alle parti civili. Una linea del tutto differente da quella descritta dagli avvocati di parte civile, i legali Vittorio Gardino e Fabio Fargetta, fermi nel ritenere che Vincenzo Valenti abbia agito per vendicare presunte offese e senza essere stato provocato. La moglie della vittima e la piccola figlia si sono costituite parti civili proprio con gli avvocati Giardino e Fargetta. Il gup ha riconosciuto ad entrambe un risarcimento da trecentomila euro ciascuno. I dubbi espressi dalla difesa si sono concentrati, soprattutto, intorno al cacciavite ritrovato dagli inquirenti a pochi centimetri dal cadavere di Alessandro Valenti. Secondo gli avvocati Carmelo Tuccio e Emanuele Maganuco si sarebbe trattato della possibile arma utilizzata da Alessandro Valenti durante il violento confronto con il fratello Vincenzo. Un elemento in più, quindi, per caldeggiare l’ipotesi della legittima difesa. Il giudice Veronica Vaccaro, però, ha escluso qualsiasi attenuante, condannando l’operaio metalmeccanico alla pena di sedici anni e quattro mesi di reclusione. L’uomo si trova attualmente detenuto nel carcere di contrada Balate e si è detto più volte pentito del gesto compiuto.