Gela. “Era meglio se fossi morto io!”. L’operaio quarantenne Vincenzo Valenti, accusato dell’omicidio del fratello trentenne Alessandro, ha reso dichiarazioni davanti al giudice dell’udienza preliminare Veronica Vaccaro.
L’imputato ha espresso tutta la sua amarezza per ciò che avvenne, nell’estate di un anno fa, davanti all’abitazione di famiglia nel quartiere Sant’Ippolito.
“Non lo volevo uccidere – ha detto commosso davanti al magistrato – il coltello lo tenevo in auto per tagliare il pane quando andavo a lavorare in trasferta. Ero stato al mare e ho cercato di difendermi da mio fratello. Non ho capito più nulla e, poi, sono andato a casa. Ho saputo che Alessandro era morto solo dopo tre giorni”.
L’operaio, difeso dagli avvocati Carmelo Tuccio e Emanule Maganuco, ha optato per il rito abbreviato. I rapporti tra i due fratelli, stando alla sua ricostruzione, si erano rotti almeno quattro anni prima.
“Se avessi la possibilità di lavorare – ha proseguito – cercherei di mantenere anche la sua famiglia che, a causa mia, non ha più mezzi di sostentamento. Sono pentito per quello che ho fatto”.
L’imputato è stato ritenuto pienamente capace d’intendere e di volere. L’aggressione mortale andò in scena proprio nei pressi dell’abitazione di famiglia a Sant’Ippolito.
Furono i carabinieri del reparto territoriale a bloccare l’operaio che, a distanza di pochi minuti dai fatti, era ritornato nel proprio appartamento impugnando ancora il coltello sporco di sangue. Nella colluttazione, venne recisa la gola della giovane vittima.
Adesso, la decisione sul caso potrebbe arrivare alla prossima udienza fissata per la discussione finale. I familiari si sono costituti parte civile con gli avvocati Vittorio Giardino e Fabio Fargetta che, a loro volta, hanno posto diverse domande all’imputato nel tentativo di ricostruirne le effettive intenzioni.