Truffe e lavoro nero nell’ex centro per migranti, imputati dai giudici per il dibattimento

 
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Le indagini partirono dopo una protesta a Manfria

Gela. E’ arrivato davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Eva Nicastro e Martina Scuderoni), il filone processuale che trae origine dall’inchiesta “Balla coi lupi”. I pm della procura e i poliziotti accertarono pesanti irregolarità nell’ex centro per migranti, realizzato a Manfria, successivamente abbandonato e poi distrutto da più incendi. Si ipotizzano la truffa per i fondi ministeriali ma anche una serie di illeciti a danno degli allora ospiti e dei dipendenti, costretti ad accettare rapporti di lavoro irregolari. Emersero possibili casi di vero e proprio caporalato. I migranti ospitati nella struttura di Manfria, gestita da un’Ati che aveva alla testa una delle cooperative dell’imprenditore Pietro Biondi, avrebbero dovuto sottostare ad una quotidianità fatta di cibo razionato e di cattiva qualità ma anche di condizioni generali di vita ai limiti. Alcune mancate notifiche hanno fatto slittare l’apertura del dibattimento.

Ne rispondono, oltre a Biondi, Giuseppe Palumbo, Francesca Politi, Gemma Iapichello, Gaetana Franco, Katarzyna Chylewska, Rosetta Cialdino, Rosaria Bilardi, Carmela D’Angeli, Vincenzo Castelletti e Salvatore Scilleri. Alcuni degli allora dipendenti, che ammisero di aver subito imposizioni e condizioni al limite, sono parti civili, con i legali Rosario Prudenti e Francesca Granvillano. I magistrati della procura hanno seguito altri due filoni, legati sempre alle attività delle cooperative di Biondi. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Maria Licata, Rocco Guarnaccia, Angelo Fasulo, Simone Morgana, Carmelo Tuccio, Liborio Sciagura e Salvatore Liotta.

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