Gela. Il caso di Ilaria Salis e le condizioni in cui è stata detenuta in un carcere ungherese hanno fatto indignare gli italiani. È quasi paradossale però che nessuno pensi alle condizioni delle carceri italiane in cui sono stati registrati 36 i suicidi dall’inizio del 2024. L’Unione Camere Penali italiane ha deciso di avviare una serie di iniziative per sensibilizzare cittadini e classe politica sulle condizioni in cui sono costretti a vivere i detenuti, da nord a sud della penisola, a causa soprattutto del sovraffollamento degli istituti penitenziari e della carenza di personale. Un report dell’associazione Antigone dichiara che a fronte di 51.272 posti ufficialmente disponibili (in realtà sono circa 3mila in meno), al 30 novembre 2023 risultano detenute 60.116 le persone. Le donne sono 2.549 (4,2%), gli stranieri 18.868 (31,4%). A preoccupare è l’aumento vertiginoso dei detenuti, che nel giro di appena tre mesi (settembre-novembre 2023) sono aumentati di 1.688 unità. “Il fine ultimo della pena deve essere quello della rieducazione e del reinserimento – spiega il presidente della Camera penale “Eschilo” Rocco Guarnaccia – come avvocati sentiamo forte il dovere di sollevare un moto di indignazione. Non si può morire in carcere. Ci sono esempi virtuosi nel recupero dei detenuti, come a Bollate, ma per il resto in troppi istituti penitenziari la situazione è al limite. L’Unione Camere penali nazionale chiede misure di buon senso, come l’indulto oppure la liberazione anticipata speciale. Bisogna andare non in direzione del facile consenso ma della tutela dei diritti di chi in carcere spesso viene completamente dimenticato”.
Nel 2023 l’85,3% dei casi i detenuti si sono impiccati, nel 5,9% sono morti per asfissia con bombola da gas, mentre nel 4,4% a seguito di sciopero della fame. L’età media delle persone suicida è 40 anni, con 15 vittime che non avevano più di 30 anni. Ai detenuti che si sono uccisi si aggiungono i tentati suicidi (2,3 ogni 100 detenuti), atti di autolesionismo (16 ogni 100 detenuti), aggressioni ai danni del personale (2,3 ogni 100 detenuti) e aggressioni ai danni di altre persone detenute (4,6 ogni 100 detenuti).