Tre anni senza Angelo Tuccio, quella pesante eredità che ci ha lasciato

 
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Gela. La sua eredità, soprattutto in termini di passione e attaccamento, è stata pesante. Ed oggi il suo ricordo è ancora forte, così come la sua assenza. Angelo Tuccio ci ha lasciati esattamente tre anni fa. Ci piace ricordarlo come nelle sue poche foto in circolazione sulla rete, con quel sorriso sornione mezzo nascosto dalla barba volutamente incolta ma curata. Imprenditore di successo e dirigente calcistico capace e focoso come pochi, riusciva a creare empatia con l’ambiente che lo circondava. Difficile ancora oggi trovare qualcuno che ne parli male e non perché non ci sia più. Di difetti ne aveva eccome. Non stiamo parlando di un santo. Quando gli partivano i “cinque minuti” era incontrollabile. Ne aveva per tutti. Inveiva eccome ma sempre per sostenere una causa giusta: che fosse il sistemare lo stadio o difendere le imprese del territorio.

Non si arrabbiava mai per questioni personali: metteva sempre davanti gli altri, il suo Gela, i suoi calciatori, il suo staff, i tifosi, la città, il valore identitario della città. Confidò a diversi amici di aver ricevuto proposte da città vicine per la cessione del club quando dovette fare un passo indietro come patron. “Il Gela deve rimanere a Gela ed ai gelesi”. E non solo. Talmente rispettava i suoi valori che non voleva neanche sentire offerte di titoli. “Non si rubano i titoli alle altre città, i tifosi non lo meritano”. Sembra un calcio di altri tempi eppure sono passati solo pochi anni.

E purtroppo dal suo addio al calcio non è cambiato molto. La qualità è al ribasso ed il pallone gelese continua a navigare in categorie non consone alla propria storia. Promozione, Prima, Seconda e Terza categoria. Una frammentazione che non serve a nulla e che di fatto non ha riacceso la miccia dell’interesse del pubblico, distratto da pandemia, campionati a singhiozzo interrotti e qualità mediocre dello spettacolo.

Lo stesso stadio, riaperto dopo tre anni, ha perso appeal. Basta una piccola pioggia per fare desistere quei pochi volenterosi dall’occupare i gradoni della tribuna. Gli attuali dirigenti sono volenterosi, generosi e carichi di entusiasmo ma non basterà per riportare il calcio a certi livelli (quantomeno in serie D).

Immaginiamo le urla di Angelo Tuccio nel vedere lo stadio tre anni chiuso o come adesso senza tribuna coperta. Anche la proposta di intitolargli lo stadio non può essere portata avanti a queste condizioni. Non lo abbiamo affatto dimenticato ma solo quando tornerà ad essere una struttura accogliente, moderna e sicura si potrà dedicare alla sua memoria.

Intanto, come facciamo ogni anno il 30 dicembre, il nostro saluto non cambia. “Ciao, grande Pres…”, manchi. 

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