Travolti e uccisi sulla tratta Canicattì-Gela, i tre operatori morti: in aula i carabinieri intervenuti

 
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Il tratto dell'incidente mortale

Gela. In aula, come testimoni, si sono susseguiti alcuni dei carabinieri del reparto territoriale, intervenuti subito dopo l’incidente mortale, costato la vita a tre operatori di Rete ferroviaria italiana, travolti e uccisi da un treno in transito lungo la linea Canicattì-Gela, tra le contrade Burgio e Carrubba, a ridosso del confine con Butera. I militari hanno ricostruito quanto accertato al momento del loro arrivo. Per Antonio La Porta, Vincenzo Riccobono e Luigi Gaziano non ci fu nulla da fare. Si trovavano su quella linea per effettuare interventi di manutenzione, ma la tratta non venne interrotta, consentendo il passaggio del treno che spezzò le loro vite. Ci sarebbero state, almeno secondo le accuse, delle gravi inadempienze nella gestione delle attività di intervento, dato che la linea non venne chiusa al passaggio di convogli, compreso quello che travolse le vittime.

Travolti e uccisi. I testimoni hanno risposto alle domande dei pm Federica Scuderi e Ubaldo Leo, che rappresentano la pubblica accusa, e a quelle dei difensori degli imputati. A processo ci sono l’ex a.d. di Rete ferroviaria Michele Mario Elia, Rosario Ciluffo, già responsabile della tratta Canicattì-Gela, il responsabile della direzione tecnica Giovanni Costa, Andrea Cucinotta, della direzione territoriale di Palermo, il dirigente della direzione di Caltanissetta Concettina Vitellaro, il capo impianto del reparto lavori Pietro Messina, il capo reparto pianificazione dell’unità di Palermo Carmelo Lapaglia, il dirigente della sala di coordinamento Pietro Muscolino e la stessa società Rfi. Sono difesi dagli avvocati Maurizio Buggea, Francesco Bertorotta, Fabrizio Biondo, Vincenzo Lo Re, Giuseppe Scozzari, Paolo Spanti, Giovanni Spada e Francesco Crescimanno. Parte civile, invece, è l’associazione Mutilati e Invalidi del lavoro. Tutti gli imputati vengono ritenuti responsabili di una presunta catena di errori ed omissioni nel procedimento tecnico, che avrebbe dovuto mettere in sicurezza quel tratto, dove invece i tre operatori persero la vita. I contrasti principali, sorti tra accusa e difesa, si concentrano proprio intorno all’applicazione delle procedure previste nei piani di intervento. Davanti al giudice Miriam D’Amore hanno già testimoniato diversi investigatori, ma anche tecnici incaricati di valutare possibili anomalie nelle procedure.

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