Gela. Il sistema portuale della città, da decenni ormai, segna il passo, tra infrastrutture ridotte ai minimi termini e un traffico navale quasi del tutto azzerato. L’amministrazione comunale, come più volte ribadito dal sindaco Domenico Messinese e dal suo vice Simone Siciliano, punta invece proprio al rilancio del sistema e, prima di Natale, sul tavolo del sindaco si è materializzato un masterplan che dovrebbe tracciare le future possibilità di sviluppo. Masterplan, che giunta ed Eni hanno commissionato al gruppo Rina Consulting, per il tramite della controllata D’Appolonia. I punti strategici sarebbero il polo del gas naturale liquefatto ma anche il tentativo di riattivare il trasporto merci, con un hub per la logistica, oltre al mai compianto “sogno” delle navi crociera. Intanto, la giunta spinge per entrare di diritto nell’Autorità di sistema portuale della Sicilia orientale, che fa capo ai big isolani, ovvero i porti di Catania e Augusta. Così, nella distribuzione delle deleghe assegnate a nuovi e vecchi assessori, il sindaco si è tenuto per sé quella proprio all’Autorità di sistema portuale. Insomma, sarà lui ad occuparsi della faccenda, probabilmente mantenendo aperti i canali di dialogo con i manager delle aree portuali di Catania e Augusta, oltre che quelli con la Regione e il ministero.
I dati Istat. Allo stato, però, il sistema portuale locale, come era facile intuire, è fanalino di coda a livello nazionale. I dati diffusi dai ricercatori dell’Istat, sintetizzai nell’annuario statistico 2017, tracciano un contorno quasi desolante, almeno per quanto riguarda la movimentazione delle merci. Poche migliaia di tonnellate all’anno, sia per gli sbarchi sia per gli imbarchi, con una percentuale ancora più risicata se si considerano le merci legate alla navigazione internazionale. Quello locale, in termini di numeri, viene descritto come un sistema portuale anni luce distante non solo dagli altri porti italiani ma, soprattutto, da quelli siciliani. Numeri, risalenti al 2015, che fanno riflettere, anche guardando ad un porto rifugio che non è ancora uscito dalle secche della costante emergenza da insabbiamento.