Gela. “Ricevevo telefonate in continuazione. Prima, mute. Poi, iniziarono le parole pesanti. Mi diceva continui ad essere una p…”. La vittima conosceva la donna finita a processo. A denunciare i fatti è stata l’ex titolare di un esercizio commerciale della città, chiuso oramai sette anni fa. A rispondere delle molestie telefoniche è un’altra donna, moglie di uno dei fornitori del punto vendita. “Dopo che sporsi denuncia – ha detto testimoniando davanti al giudice Antonio Fiorenza e rispondendo alle domande del pm Eugenia Belmonte – i carabinieri cercarono di capire se fossi in grado di riconoscere la voce di chi effettuava le chiamate. Dal raffronto del numero di telefono e dalle indicazioni ricevute dagli investigatori, collegai subito la voce della donna a quella della moglie di uno dei miei fornitori che avevo spesso sentito”. A processo, infatti, è finita proprio la donna indicata dalla vittima delle molestie che, invece, si è costituita parte civile con l’avvocato Lara Amata. “Non riesco a capire quest’accanimento – ha detto nel corso della sua testimonianza – peraltro, le telefonate iniziarono praticamente due anni dopo la chiusura del negozio. Il marito, mio fornitore, aveva smesso da tempo di consegnarmi la merce”. Si ritornerà in aula il prossimo 21 marzo.