Gela. L’aveva presa di mira, con telefonate e minacce, anche di morte.
Telefonate e minacce. Il giudice Antonio Fiorenza ha condannato a dieci mesi di reclusione il collaboratore di giustizia Gianluca Costa. Da tempo, l’imputato ha scelto di collaborare con la giustizia. Dopo aver lasciato la città, ha rivelato diversi particolari legati al controllo criminale sul mercato del trasporto dell’ortofrutta. Le telefonate ricevute dalla giovane donna, però, sarebbero partite proprio dall’appartamento nel quale viveva Costa, in una località segreta del nord Italia, così come previsto dal programma di protezione speciale garantito ai collaboratori di giustizia. Una delle telefonate valutate dai pm della procura la donna la ricevette mentre si trovava in un locale notturno, in piazza Sant’Agostino, insieme ad alcuni amici.
Costa conosceva diversi particolari della sua vita privata. Altre telefonate, invece, giunsero alla vittima mentre si trovava nella propria abitazione. Per il pm Pamela Cellura, le accuse contestate all’imputato sono state provate. Quindi, fu proprio Costa a telefonare. L’accusa ha chiesto proprio la condanna a dieci mesi di reclusione, così come poi deciso dal giudice Fiorenza.
Una ricostruzione contestata dalla difesa, che però non è riuscita a dimostrare l’estraneità ai fatti dell’imputato. La vittima delle molestie telefoniche si è costituita parte civile e in aula è stata rappresentata dagli avvocati Mirko Maniglia e Cristian Peritore, che hanno insistito per la condanna dell’imputato.