Gela. Non sarebbe socialmente pericoloso. Così, ritorna davanti ai giudici del tribunale di sorveglianza di Messina il caso del bracciante agricolo Giuseppe Centorbi che, nell’estate di quattro anni fa, sterminò l’intera famiglia Militano.
“Non è socialmente pericoloso”. Il suo legale di fiducia, l’avvocato Salvo Macrì, ha chiesto la revoca della misura che gli impone la permanenza nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto. Lo scorso maggio, dopo l’ergastolo comminato dal gup del tribunale Veronica Vaccaro, i giudici della corte d’assise di Caltanissetta decisero per l’assoluzione del bracciante agricolo.
Incapace d’intendere e di volere perché, quando agì, sarebbe stato affetto da un “delirio strutturato di persecuzione a carico della sue vittime”. Assolto ma socialmente pericoloso e, quindi, trasferito nell’opg messinese. Adesso, l’avvocato Macrì si è rivolto al tribunale di sorveglianza perché sarebbero venute meno le cause della pericolosità sociale di Centorbi.
La morte di Filippo Militano, della moglie Giuseppe Carlino e del figlio Salvatore avrebbe eliminato l’unica ragione del delirio manifestato dal bracciante. L’uomo sarebbe stato ossessionato solo dal rancore verso quel nucleo familiare, sterminato in un’abitazione della zona di Desusino.