Gela. Avrebbe minacciato, anche di morte, la dipendente di un’attività per il noleggio di auto e biciclette, in città. La sua “colpa” era di aver ricevuto venti euro dalla moglie, per coprire il costo di un noleggio. Sarebbe stato Vincenzo Di Giacomo, tra gli imputati nel giudizio scaturito dall’inchiesta antimafia “Stella cadente”, a presentarsi nell’attività e a pretendere spiegazioni, usando metodi che per i pm della Dda di Caltanissetta sono da ritenersi intimidatori. In aula, sono stati sentiti, come testimoni, la stessa dipendente dell’attività, il titolare e la madre di quest’ultimo. Le versioni rese hanno contribuito, seppur tra contraddizioni, a ricostruire il fatto. “Non si era mai comportato così – hanno detto i testimoni – lui e il fratello Bruno Di Giacomo avevano sempre pagato regolarmente. Erano buoni clienti”. Vincenzo Di Giacomo non avrebbe accettato che a saldare il conto con l’attività commerciale fosse stata la moglie. Per l’imputato, i titolari non avrebbero dovuto accettare i soldi ma li avrebbero dovuti chiedere a lui. Nel corso dell’esame, condotto in aula dal pm Claudia Pasciuti, è emerso che quel giorno, proprio a causa dei toni usati da Di Giacomo, il titolare decise di chiudere l’attività. Avrebbe cercato di riportare la calma ma l’imputato avrebbe proseguito con le minacce. “Venne poi il fratello, Bruno, e si scusò per quello che era accaduto”, hanno riferito i testimoni. Bruno Di Giacomo è ritenuto il nuovo vertice del gruppo stiddaro, del quale farebbe parte anche il fratello Vincenzo. Bruno Di Giacomo è già stato condannato in primo e in secondo grado, insieme ad altri imputati. Vincenzo Di Giacomo, invece, risponde alle contestazioni davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore. Insieme a lui, sono imputati in questo filone processuale, Giovanni Di Giacomo, Salvatore Antonuccio, Samuele Cammalleri, Alessandro Pennata, Benito Peritore, Vincenzo Di Maggio, Giuseppe Truculento, Giuseppe Vella, Giuseppe Nastasi e Rocco Di Giacomo. Oltre alla droga e alle armi, gli stiddari avrebbero imposto le loro regole anche per le estorsioni alle attività commerciali. I testimoni hanno risposto anche alle domande poste dal legale di Vincenzo Di Giacomo.
Sono parti civili alcuni esercenti sottoposti a minacce e ritorsioni, con gli avvocati Valentina Lo Porto e Alessandra Campailla. Parte civile, ma solo per alcuni capi di imputazione, è anche uno degli imputati, Rocco Di Giacomo (con l’avvocato Antonio Gagliano). Parti civili, infine, sono la Fai e l’associazione antiracket “Gaetano Giordano”. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Giovanna Zappulla, Cristina Alfieri, Enrico Aliotta e Antonio Impellizzeri.