Gela. “Probabilmente, a causa della rabbia accumulata, fu proprio lui a sfondare la porta d’ingresso della sua abitazione. Non escludo che il colpo di pistola gli sia partito per errore”.
L’imputato subiva estorsioni? Ad essere ascoltato, durante il dibattimento che si sta celebrando a carico dell’ambulante Saverio Scilio, difeso dall’avvocato Salvo Macrì, è stato uno dei carabinieri che si occupò delle indagini scattate dopo gli spari all’interno di uno stabile di via Crispi. “Al momento del nostro arrivo – ha spiegato il capitano Gianmarco Messina – uno dei vicini di casa ci consegnò la pistola che intanto era stata strappata dalle mani di Scilio. Nel corso delle indagini,l’imputato ci confermò di aver modificato una pistola giocattolo perché non riusciva a sopportare le richieste estorsive che gli erano arrivate. Scese in strada con l’arma proprio per questa ragione”. Gli spari provocarono il malore di una donna, residente nello stesso stabile dell’imputato, che ha scelto di costituirsi parte civile, insieme al figlio, con l’avvocato Nicoletta Cauchi. “Il figlio della donna insieme ad altri conoscenti – ha concluso il carabiniere – probabilmente temendo per l’incolumità della madre, si scagliò contro Scilio”. La decisione sul caso da parte del giudice Antonio Fiorenza dovrebbe arrivare alla prossima udienza già fissata per il 15 giugno.