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Spari in fabbrica, lavoratori di Petrarsa uccisi e dimenticati

Gela. Dopo l’occupazione del 1860,senza nessuna dichiarazione di guerra,i Piemontesi,cominciano lo smantellamento delle fabbriche del sud per facilitare lo sviluppo industriale del nord.L’industria me...

A cura di Luigi Maganuco
06 giugno 2018 16:02
Spari in fabbrica, lavoratori di Petrarsa uccisi e dimenticati -
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Gela. Dopo l’occupazione del 1860,senza nessuna dichiarazione di guerra,i Piemontesi,cominciano lo smantellamento delle fabbriche del sud per facilitare lo sviluppo industriale del nord.
L’industria metallurgica più grande esistente nell’Italia di allora e in Europa si trovava a Pietrarsa, nominata Reale Opificio che occupava 1050 dipendenti ben retribuiti economicamente con tutti i requisiti sociali e assicurativi. L’industria fondata da Ferdinando II di Borbone nel 1840 a Pietrarsa in Campania, fu uno dei primi obiettivi politici della speculazione finanziaria e della politica economica dello stato torinese al fine di fiaccare progressivamente la concorrenza dello sviluppo assistito dell’Ansaldo di Genova.
I lavoratori meridionali erano pagati ancora in grana (centesimo di Ducato), per 8 ore lavorative al giorno che videro scendere mano mano a valori molto più bassi.
I colonizzatori, cominciarono a trasferire i capireparto con macchinari modernissimi al fine di insegnare agli operai del nord le nuove tecniche lavorative,perché sprovvisti di qualsiasi nozione aziendale. Successivamente anche i Vigilanti ben pagati,divennero uno strumento per gli affaristi che si succedettero alla direzione dell’azienda meridionale per sfoltire il personale assunto (nota come subito dopo l’occupazione i responsabili dei centri di potere furono sostituiti dai piemontesi con ladri e assassini di ogni genere).

Si elevarono progressivamente le ore lavorative e cominciarono ad applicare delle vere e proprie gabbie salariali, relegando i lavoratori meridionali di Pietrarsa nelle categorie più misere per mera scelta geo-politica. Nell’agosto del 1863, la pazienza dei lavoratori tracima e il fosco affarista milanese Jacopo Bozza, che aveva abbassato la paga a soli 30 grana e alzato l’orario di lavoro a 11 ore giornaliere,incita le maestranze che chiedevano di fare un passo indietro, portando la paga a 35 grana e l’orario a 10 ore,visto che con quella paga si riusciva a comperare appena il pane per vivere e si stava precipitando nella miseria più assoluta.
Allora decisero di protestare tutti insieme. Istigati anche dal sorvegliante Mazzeo Giuseppe Aglione, infame, che la mattina del 6 agosto 1863,suonò a martello la campana dello stabilimento, segnale convenuto per fare scoppiare lo sciopero della nascente Italia liberatrice dei popoli oppressi dalla tirannide. Quasi tutti i lavoratori si ammassarono nel piazzale dello stabilimento in numero superiore a 660 per discutere sul modo come comportarsi.
Bozza e il segretario Zimmerman,secondo un piano prestabilito, attraversarono tranquillamente il piazzale e si diressero nella vicina Portici per fare intervenire le autorità di polizia. L’infame Bozza riferisce al questore Nicola Amore di violenze e sedizioni che si erano verificate all’interno dello stabilimento di Pietrarsa e sollecita l’intervento immediato della polizia.
Il questore Nicola Amore con il maggiore Martinelli del 33° battaglione dei bersaglieri di stazza a Portice, concentrarono l’intervento armato davanti il cancello della fabbrica e sistemati in assetto da guerra contro i 660 scioperanti disarmati,i primi in ginocchio e i secondi in piedi, aprirono il fuoco senza nessuna pietà.
Il fuggi fuggi generale fu disastroso perché le forze armate piemontesi inseguirono i fuggiaschi sparando e gli ufficiali con le spade sguainate inseguivano i fuggitivi nascosti ogni dove. Secondo i dati ufficiali del governo Sabaudo (di assassini) i morti furono solo 4 e 20 i feriti. Sono questi i segreti di Stato che ancora oggi perseguono i nostri governanti. Il giorno dopo in fabbrica mancarono 216 lavoratori spariti nel nulla senza motivo o non si sono presentati per paura, Bella giustificazione dei nostri salvatori per il bene della nazione! Chi ha tradito o chi ha ucciso l’ha sempre fatto per un fine nobile,queste le giustificazione dei politici che continuano a governarci inesorabilmente,trovando giustificazione per tutto quello che copre le malefatte utile agli interessi personali.
Ancora oggi non riusciamo a scoprire niente sul disastro di Ustica e tanti altri segreti di Stato, ricorre oggi 23/maggio/2018 il massacro del Giudice Falcone e Borsellino e continuiamo a scervellarci su chi sono i mafiosi o gli altri malavitosi del popolo arretrato delle due Sicilie. Scordandoci che dal momento in cui si costituì l’Italia unita,i piemontesi ci classificarono briganti con l’aiuto del grande antropologo torinese Lombroso e riempirono le nostre città di assassini e condannati agli ergastoli di tutta Italia, inserendoli nei posti di comando per distruggere il territorio duo Siciliano. Noi tranquillamente andiamo avanti per inerzia e non ci preoccupiamo minimamente di conoscere le nostre origini e ci adagiamo sugli allori e accettiamo passivamente tutto quello che i nordisti,detentori dei partiti politici tradizionali, hanno voluto farci sapere, ricordandoci pedissequamente che le nostre origini sono mafiose e malavitose, anche attraverso i programmi che l’informazione di Stato ci propina ininterrottamente per non dimenticare.

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