Spari “Gb oil”, abbreviato per Di Giacomo e i Cavaleri: messa alla prova per altri coinvolti

 
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I carabinieri sul luogo degli spari

Gela. Le loro posizioni, in abbreviato, saranno valutate il prossimo gennaio. Per gli spari nella stazione di servizio “Gb oil”, il giudice dell’udienza preliminare, il presidente del tribunale Roberto Riggio, ha ammesso i riti alternativi per Paolo Quinto Di Giacomo e per i licatesi Michele Cavaleri e Salvatore Cavaleri. Un anno fa, Di Giacomo, dopo una rissa esplosa all’interno del bar della stazione di servizio, fece fuoco contro i licatesi, che pare avessero pesantemente apostrofato la sorella e altri amici che erano in sua compagnia. Di Giacomo arrivò nell’area di servizio, dopo la lite e la rissa. In mano, aveva una pistola ed esplose diversi colpi in direzione dei Cavaleri, che rimasero feriti. Difeso dall’avvocato Davide Limoncello, ha sempre escluso l’intenzione di uccidere. E’ attualmente agli arresti domiciliari. Per i pm della procura, deve rispondere del duplice tentato omicidio, del possesso di un’arma clandestina e del ferimento di uno dei carabinieri intervenuto e di un operatore del 118. Il militare rimasto ferito, che però riuscì a bloccare Di Giacomo, si è costituito parte civile, con l’avvocato Francesco Enia. Per gli altri imputati, è arrivato il sì alla messa alla prova, richiesta dalle difese. Sono accusati solo della rissa e delle lesioni.  Bisognerà però anzitutto sentire il carabiniere ferito.

Si tratta di Giuseppe Nisellino, Angelo Voddo, Alessandro Di Michele, Paolo Biundo, Stefania Mihaela Fanita, Salvatore Incorvaia ed Eliseo Di Giacomo. I due Cavaleri rispondono anche di resistenza a pubblico ufficiale. Gli imputati sono rappresentati dai legali Rosario Prudenti, Raffaela Nastasi, Tommaso Vespo, Giovanni Cannizzaro e Giuseppe Vinciguerra. I pm della procura, coordinati dal procuratore capo Fernando Asaro, e i carabinieri, avviarono subito le indagini, parlando di fatti molto gravi. L’intera sequenza fu ripresa dai sistemi di videosorveglianza dell’attività commerciale. L’accusa è sostenuta dal pm Mario Calabrese.

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