Gela. Sarebbe stato lui a fare fuoco contro l’abitazione di famiglia di un coetaneo, con il quale era entrato in contrasto. I giudici della Corte di Cassazione hanno confermato la condanna del ventinovenne Igland Bodinaku. Quattro anni di reclusione. Secondo gli investigatori, venne preso di mira Graziano Romano, successivamente condannato, in via definitiva, per il tentato omicidio dello stesso Bodinaku. I contrasti personali, sei anni fa, avrebbero indotto il giovane albanese, spalleggiato da due complici (uno dei quali condannato per gli stessi fatti), ad organizzare una spedizione punitiva. In sella a due scooter, in tre arrivarono nei pressi dell’abitazione e partirono i colpi. La condanna era stata ridotta in appello, quattro anni di reclusione a fronte dei sette anni e un mese che gli erano stati imposti dai giudici del tribunale di Gela. Passò, seppur in parte, la linea del difensore, l’avvocato Carmelo Tuccio. Prima ci sarebbe stata una lite con Romano e poi i tre avrebbero agito, a distanza di poche ore. Bodinaku ha ammesso la sua presenza, ma ha sempre escluso di aver sparato. Stando alla versione fornita, a fare fuoco sarebbe stato un terzo giovane del quale non ha mai rivelato l’identità. La difesa ha puntato soprattutto sul suo ruolo, ritenuto marginale, e sull’assenza di elementi certi che potessero collegarlo agli spari. I giudici di Cassazione non hanno accolto il ricorso.
Sono state pubblicate le motivazioni della sentenza, che fa diventare definitiva la condanna. L’imputato rispondeva anche del possesso di armi e degli spari in luogo pubblico. La madre di Romano era costituita parte civile nel procedimento, rappresentata dall’avvocato Carmelo Brentino.