Gela. Sarebbero stati attivi, anche come possibili fiancheggiatori, in un giro di droga scoperto anni addietro dai poliziotti, a conclusione dell’inchiesta “Samarcanda”. In primo grado, lo scorso anno, vennero pronunciate quattro condanne dal giudice del tribunale locale e altrettante assoluzioni. Gli imputati ritenuti colpevoli hanno impugnato rivolgendosi alla Corte d’appello di Caltanissetta. La procura generale, in aula, ha concluso per la conferma delle decisioni già emesse nei precedenti gradi di giudizio, ad eccezione dell’annullamento di uno dei capi di imputazione mosso ad un coinvolto. In primo grado, quattro anni e tre mesi di reclusione (assolto per un capo) ad Emanuele Di Stefano; un anno e sei mesi di detenzione ad Antonino Ingegnoso, accusato di aver messo a disposizione le schede telefoniche usate per i contatti tra pusher e clienti; un anno e tre mesi di reclusione per Diego Nastasi; un anno e due mesi per il figlio di quest’ultimo, Giovanni Nastasi. Le difese hanno impugnato, rivolgendosi alla Corte d’appello. Per la procura generale le condanne sono da confermare.
Le risultanze investigative portarono a concludere che Di Stefano avrebbe mantenuto i contatti diretti con chi gestiva lo spaccio di droga in città. Venne spesso monitorato dagli inquirenti insieme ad Emanuele Brancato, già condannato per l’inchiesta “Samarcanda” e ritenuto la vera mente di un sistema fatto di tanti clienti e di comunicazioni che avvenivano usando i vecchi telefoni cellulari e diverse schede per non essere intercettati dai poliziotti del commissariato. I difensori hanno concluso perorando i motivi dei loro ricorsi, tesi ad ottenere una decisione diversa dalla condanna. Escludono lo spaccio di droga e il favoreggiamento. Gli imputati sono rappresentati dagli avvocati Giacomo Ventura, Davide Limoncello, Maria Elena Ventura, Rocco Gurnaccia e Dionisio Nastasi. La decisione di secondo grado è prevista per ottobre.