Gela. “Crocifisso Smorta doveva entrare, in qualche modo, nell’azionariato della società Comes”. Lo ha detto in aula, davanti al colleggio presieduto dal giudice Paolo Fiore, affiancato dai magistrati Manuela Matta e Vincenzo Di Blasi, uno dei soci
dell’azienda metalmeccanica, per anni impegnata nell’indotto della fabbrica Eni. La testimoninza è stata resa nell’ambito del processo che vede imputati lo stesso ex vertice di cosa nostra locale, oggi collaboratore di giustizia, e il professionista F.I., a sua volta tra i responsabili del gruppo. Sono accusati, rispettivamente, d’estorsione e di concorso esterno in associazione mafiosa. “Il professionista – ha detto il teste – entrò nella Comes intorno al 2006, quando i problemi economici si erano fatti più evidenti. A causa del durc non regolare, rinunciammo ad un importante appalto bandito dal consorzio di bonifica di Siracusa. Casualmente, incontrai Smorta all’interno dell’ufficio del geometra Salvatore Burgio e mi chiese informazioni sulla questione dei soldi persi dall’ingegnere. Mi fece capire che dovevo essere io a restituirli. Una volta, mi volle incontrare, dietro richiesta dello stesso ingegnere, in una casa rurale nella zona di Niscemi”.
I due imputati sono difesi dagli avvocati Antonio Gagliano, Gioacchino Marletta e Francesco Colonna. Il testimone sentito, invece, si è costituto parte civile con l’avvocato Cristina Alfieri. Stando alle accuse, quindi, proprio F.I. avrebbe cercato di facilitare l’ingresso dell’ex reggente del clan locale di cosa nostra nell’azionariato della Comes. “Risposi più volte – ha ribadito il testimone al pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta presente in aula – che la Comes era sempre rimasta pulita e non avrebbe avuto bidogno di presenze come quella di Smorta”.
Davanti alle contestazioni mosse dall’avvocato Gagliano, il socio ha ammesso di aver negato qualsiasi incontro con Crocifisso Smorta solo per paura di ritornsioni. Nell’udienza del prossimo 4 febbraio, intanto, dovrebbe essere sentito l’imprenditore Sandro Missuto.