Gela. Il giudice dell’udienza preliminare Veronica Vaccaro, lo scorso gennaio, lo condannò a sedici anni e quattro mesi di detenzione.
Condanna impugnata in appello. Adesso, i legali dell’operaio metalmeccanico Vincenzo Valenti hanno depositato un ricorso in appello. Proprio l’operaio uccise il fratello trentenne Alessandro, sgozzato a pochi passi dall’abitazione di famiglia in via Nicolò Minardi nell’estate di due anni fa.
L’operaio venne provocato? Gli avvocati Carmelo Tuccio e Emanuele Maganuco, difensori di fiducia del quarantenne, fin dal giudizio abbreviato tenutosi davanti al gup Vaccaro, hanno sottolineato come quella morte fosse scaturita da un violento confronto tra i due. Vincenzo Valenti, infatti, si sarebbe difeso da una presunta aggressione impugnando un coltello. I rapporti tra i due fratelli si erano oramai incrinati da tempo. Per questo motivo, hanno deciso d’impugnare la decisione pronunciata dal gup.
Il giudice Veronica Vaccaro escluse qualsiasi attenuante, accogliendo in pieno la richiesta di condanna formulata dal pubblico ministero Serafina Cannatà. La moglie della vittima e la piccola figlia si costituirono parti civili, rappresentate dagli avvocati Vittorio Giardino e Fabio Fargetta. Il gup gli riconobbe un risarcimento da 300 mila euro ciascuno, proprio a causa della prematura morte di Alessandro Valenti. I dubbi espressi dalla difesa si concentrano, soprattutto, intorno al cacciavite ritrovato dagli inquirenti a pochi centimetri dal cadavere di Alessandro Valenti.
Secondo gli avvocati Carmelo Tuccio e Emanuele Maganuco si sarebbe trattato della possibile arma utilizzata dal giovane durante il violento confronto con il fratello Vincenzo. Un elemento in più, quindi, per caldeggiare l’ipotesi della legittima difesa. Adesso, si attende la fissazione della prima udienza del processo d’appello.