“Essere figlia di un mafioso al 41 bis è come una condanna”, il racconto di una sedicenne

 
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Gela. Le cronache quotidiane, raccontano di storie di ribellioni o di adorazioni per il proprio padre. Lo scrittore Lapo Tardelli, ne ha fatto anche un libro. Il titolo é eloquente: Figli di Cosa Nostra. Quando le colpe dei padri ricadono sui figli. Ecco, sì, le colpe dei padri. Come è vero anche il contrario. Ma che colpa possono avere i figli, se il proprio padre ha sposato la causa malavitosa e non si é mai sottratto agli interessi di sangue, facendosi abbracciare dai tentacoli della piovra? Storie di ordinaria amministrazione, potremmo dire. Ma c’é, invece, chi dal silenzio fanciullesco, vuol far sentire la propria voce e gridare al mondo intero, che non tutti i figli sono ammaliati dalle gesta del proprio padre, anzi…E’ quanto accade a Gela. Lei é una ragazzina di appena 16 anni, figlia di un noto pregiudicato locale, attualmente in carcere con la pesantissima accusa di mafia. Ed è figlia anche di una madre che l’ha sempre aiutata, indirizzandola sulla strada del bene. Perché il bene, alla fine, vince su tutto. “Non tutti capiscono e possono capire cosa significa portarsi addosso la condanna di un cognome che ti appartiene – ci dice -. Un cognome che fa parte di te ma che allo stesso tempo è la tua condanna!”. La sedicenne ha voluto raccontarci la sua storia, “magari anche per dare supporto a qualcuno che si trova nella mia stessa situazione… Mio padre – continua – è in carcere da 16 anni per stampo mafioso (l’hanno arrestato un mese prima che la bimba nascesse, ndr) ma già prima aveva scontato altri reati. In questi lunghi anni – ci racconta – ha girato molte carceri ed é stato anche stato sottoposto al 41bis, senza ricevere lettere o potere colloquiare. Attualmente si trova in un carcere di massima sicurezza al 416 bis. Sono anni che non ci vediamo. Ci vuole soprattutto la disponibilità economica per intraprendere un viaggio al fine di incontrarlo, ma le finanze sono ristrettissime. Non abbiamo a disposizione nemmeno una telefonata mensile, considerato che i reati di cui é accusato gliela vietano. Il nostro unico rapporto è quello epistolare. La mia famiglia è rappresentata da mia mamma. Io sono cresciuta con lei. È una donna con gli attributi – ci tiene a sottolineare – ed io sono fiera ed orgogliosa di lei. Ha sempre lavorato, ha fatto di tutto per non farmi mancare niente, ha vinto battaglie che chiunque avrebbe definito impossibili. Mi ha fatto da madre e da padre e non mi ha mai fatto sentire inferiore a niente e a nessuno, ma soprattutto non mi ha mai fatto sentire l’assenza di mio padre. Mi ha sempre difesa dai giudizi della gente e crescendo mi ha aiutata ad affrontarli dignitosamente! Anni fa – ci confida commossa – sono stata vittima di bullismo, nessuno mi ha mai aiutata e come si dice in questi casi, “mi sono fatta giustizia da sola”. Ho avuto il coraggio di ribellarmi! L’unica che mi è stata sempre accanto, è stata mia mamma. Mi ha insegnato a distinguermi dalla massa e a non discriminare nessuno! Non giudico le apparenze ma – ritiene – preferisco conoscere una persona tatuata, con piercing e una storia difficile alle spalle che un figlio di papà in giacca e cravatta. Per me non esistono solo “Le vittime di Mafia”; ci sono anche “Le vittime dello Stato e della Società“.

Viviamo – incalza – in uno Stato che non ci valorizza, uno Stato che brucia i nostri sogni e che ha il coraggio di definirci gioventù bruciata. Uno Stato che non offre futuro, in una società fatta di cattiverie. E poi – rimarca – conosci coetanee che si fingono amiche e che invece feriscono i tuoi sentimenti”. Nei suoi pensieri, c’è sempre la mamma. ” Mia madre ha conseguito due diplomi ed era prossima alla laurea, ma ha dovuto rinunciare per le vicissitudini che hanno interessato mio padre. Ma non si é data mai per vinta, cercando lavoro ovunque”. E qui sorge il problema. Atavico. “Non riesce a trovare alcuna occupazione, perchè è la moglie di un detenuto“. E il cognome del padre, é pesantissimo per la ragazzina. “Mi hanno sempre giudicata senza conoscermi perché “sono la figlia di un mafioso” . E chi mi giudica sono figli di “persone per bene”. Giudicano me, omettendo le loro cattive frequentazioni e i loro legami con il mondo della droga. Forse sono nata sotto una stella sbagliata con un destino già scritto e deciso ma – chiosa – sono fiera di me. Anche se sono la figlia di un mafioso (non per mia scelta) sono una persona umile. Ho tanta dignità e nutro rispetto verso gli altri e nel mio piccolo, cerco di rendermi utile alla causa della mia famiglia, di mia madre. Anche io sconto una condanna che combatto tutti i giorni per qualcosa che non ho fatto e per cui non sono la causa“. Ha un sogno. “Con la forza che mi trasmette mia mamma, spero un giorno di sorridere e di ricambiare tutto l’amore che lei prova per me”. Perché alla fine, purtroppo, le vittime di colpe non loro, sono in due: mamma e figlia.

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