Sequestrò l’ex moglie, condanne per marito e figlio: due imputati assolti

 
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Gela. Un sequestro di persona, a danno dell’ex consorte, ha portato alla condanna di Francesco Fusco. Tre anni e sei mesi di reclusione, così ha deciso il giudice Marica Marino, a conclusione dell’istruttoria dibattimentale. Ormai sei anni fa, a bordo di un’auto, avrebbe atteso che l’ex moglie fosse in strada. Nei pressi di una scuola, nella zona di Macchitella, venne bloccata e fatta salire con la forza sulla vettura. Insieme a Fusco, c’era il figlio Carlo, che avrebbe partecipato attivamente al sequestro della madre. Per lui, la condanna pronunciata dal magistrato è di due anni e sei mesi di reclusione. Contestazioni che il pm ha confermato nel corso della sua requisitoria. La donna e altri suoi familiari si sono costituti parti civili, assistiti dagli avvocati Davide Limoncello e Alessandra Campailla, che a loro volta hanno concluso per la condanna degli imputati. Pare che quell’azione di forza fosse destinata ad indurre la donna a ritornare sui propri passi, riallacciando i rapporti con il marito. All’uomo venivano addebitati anche maltrattamenti protrattisi nel tempo e diverse minacce. La richiesta di condanna è stata a quattro anni e mezzo di reclusione. Tre anni, invece, per il figlio. Un anno e mezzo, infine, è stato chiesto per Salvatore Fusco, a sua volta legato da vincoli di famiglia con gli altri imputati. Il giudice, in quest’ultimo caso, ha pronunciato l’assoluzione. Decisione analoga per Graziella Fusco (difesa dal legale Giovanna Cassarà), accusata di  minaccia. C’era stato il formale ritiro della querela.

I difensori degli imputati accusati del sequestro, gli avvocati Paola Carfì e Giovanni Cannizzaro, hanno invece fornito una versione dei fatti differente rispetto a quella dell’accusa, escludendo l’esistenza dei presupposti del reato. Furono i carabinieri a ritrovare la donna, che era stata portata a Montelungo. Una sua familiare aveva lanciato l’allarme non appena venne caricata di forza sull’automobile. La difesa dei condannati si rivolgerà alla Corte d’appello di Caltanissetta, impugnando la decisione.

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