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Scavone non è un ghetto...è il capro espiatorio della politica locale che ha fallito

Gela. La politica locale affoga tra i rifiuti. Da anni, ormai, non si trova più una soluzione, con strade che sembrano una succursale della discarica Timpazzo e debiti che fanno gelare le casse del mu...

A cura di Rosario Cauchi
15 aprile 2018 20:30
Scavone non è un ghetto...è il capro espiatorio della politica locale che ha fallito - I rifiuti sparsi in strada a ridosso delle palazzine popolari di Scavone
I rifiuti sparsi in strada a ridosso delle palazzine popolari di Scavone
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Gela. La politica locale affoga tra i rifiuti. Da anni, ormai, non si trova più una soluzione, con strade che sembrano una succursale della discarica Timpazzo e debiti che fanno gelare le casse del municipio, già in crisi nera. L’avvio del sistema di raccolta differenziata avrebbe dovuto tagliare la testa al toro, calando la città in una sorta di ciclo virtuoso. Fino ad ora, di virtuoso si è visto poco, salvo premi e targhe che lasciano il tempo che trovano. Le prime avvisaglie, per certi aspetti plateali, si ebbero già quando sindaco era il dem Angelo Fasulo, la cui amministrazione comunale avviò il sistema della raccolta differenziata “spinta” (compresa l’eliminazione dei tanto acclamati cassonetti) e di certo non mancarono cumuli ovunque e i debiti per tentare di mettere una pezza. L’allora grillino Domenico Messinese, almeno dal palco di piazza Umberto I, aveva gridato al cambiamento, al municipio trasparente, addirittura alla cacciata della Tekra, l’azienda campana che iniziò a gestire il servizio proprio quando sindaco era Fasulo. I risultati odierni smentiscono clamorosamente la sua ricetta, affidata all’alter ego, il vicesindaco Simone Siciliano. Con lo stop ai servizi aggiuntivi, assicurati da quella Tekra che doveva essere cacciata via, i cumuli si sono nuovamente impadroniti delle strade. In municipio, poi, gli equilibri finanziari sono veramente a rischio, dato che proprio i manager di Tekra chiedono pagamenti per almeno dieci milioni di euro (volevate i servizi aggiuntivi? Pagateli). Il fatto che i rifiuti stiano in strada, è la prova provata che tanti cittadini la differenziata, probabilmente, neanche sanno cosa sia e preferiscono affidarsi al destino…tanto qualcuno, prima o poi, passerà a raccogliere.

Il capro espiatorio. Una fetta notevole di responsabilità sta proprio sulle spalle degli utenti che non si sono voluti adattare al nuovo sistema. Ma responsabili, senza attenuanti, sono quelli che il voto glielo hanno chiesto per entrare in municipio, senza poi riuscire nella missione. Se i rifiuti sono in strada e i debiti fluttuano, a risponderne è la politica. Le palazzine popolari di Scavone, i viali interni e quella Suburra di anonimi alloggi non sono ghetti e non sono favelas. I rifiuti che chi ci vive ha ammassato pure in strada, quasi a sfidare quelli del municipio, sono semplicemente il fallimento della politica locale, senza eccezioni. In consiglio comunale, la lotta passa per numeri e cifre, a cominciare dal capitolato di appalto che la giunta ritiene fin troppo esiguo per gestire il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti in questa città. Il piano economico finanziario e le nuove tariffe, però, il sindaco e il suo vice da tre anni non riescono a farsele approvare. Così, tutto rimane fermo al 2014, ai tempi di Fasulo. Da anni, va avanti una sequela di servizi aggiuntivi, che di certo non dispiace a Tekra, dato che più mi chiedi e più mi paghi. Stessi cumuli e stessi debiti mentre i cittadini rimangono tagliati fuori. Quelli che la differenziata la fanno senza sgarrare non incassano alcun beneficio e quelli che la differenziata neanche sanno cosa sia continuano a pensare che tanto, prima o poi, qualcuno passerà a spazzare via tutto. Probabilmente, il servizio e le relative assunzioni, nel tempo, sono serviti un po’ a tutti. Oggi, tutti ne pagano le conseguenze. I rifiuti sono in strada non perché a Scavone oppure in altri quartieri, da decenni abbandonati al loro destino, ognuno imponga la propria legge, ma perché la politica ha preferito guardare da fuori. Ha preferito cercare il capro espiatorio pur di non ammettere di aver fallito, e non solo sui rifiuti.

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