“Scarti molto tossici in quella discarica Eni”, i dati del buco nero arrivano in aula

 
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Gela. Valori fuori dalla norma e la presenza di sostanze pericolose per i lavoratori che si trovavano ad operare nell’area dell’isola 32 della fabbrica Eni di contrada Piana del Signore.

Scarti altamente pericolosi. Sono questi i risultati emersi dalla perizia analizzata in aula, davanti al giudice Manuela Matta, dal consulente nominato dalla procura della repubblica nel processo che si sta celebrando a carico di sei tra ex dirigenti di raffineria Eni e responsabili delle attività di bonifica della vasca A zona 2, ribattezzata Black hole, ovvero buco nero. “Dagli accertamenti svolti sul posto e dalle analisi di laboratorio – ha spiegato lo stesso consulente – è emersa chiaramente la presenza di scarti altamente pericolosi classificabili come H7”. La stessa area della discarica, stando al tecnico, non sarebbe stata messa in sicurezza: rimanendo del tutto aperta e senza alcuna recinzione. Diversi operai e l’allora custode della zona Vincenzo D’Agostino, costituitosi parte civile nel procedimento, avrebbero avuto contatto diretto con le sostanze rilasciate dal buco nero servito a smaltire rifiuti altamente tossici e scarti di produzione.

“Gli operai accedevano liberamente”. “I lavoratori – ha proseguito l’esperto – avevano libero accesso alla zona e non utilizzavano alcun dispositivo di sicurezza. Le operazioni di bonifica, inoltre, non vennero effettuate entro i termini dettati dai decreti regionali”. I legali di difesa, in ogni caso, hanno puntato sia sulla possibile datazione dei rifiuti e degli scarti stoccati nella vasca e proprio sul contenuto dei decreti regionali che dettavano l’iter per la bonifica dell’area. Nel procedimento, parti civili sono anche il comune, la provincia e il ministero dell’ambiente, oltre allo stesso D’Agostino, rappresentato dall’avvocato Giovanni Avila che ha fatto riferimento in aula ad una serie di foto scattate nella zona dal suo assistito con l’obiettivo di provare le condizioni di lavoro e la pericolosità degli scarti smaltiti in discarica. Durante l’audizione del consulente, sono state proiettate diapositive della vasca e descritti i dati utilizzati per gli accertamenti. A rispondere alle domande formulate dal pubblico ministero Lara Seccacini è stato anche uno dei militari della capitaneria di porto che si occupò dell’indagine. A conclusione dell’inchiesta, nel luglio di tre anni fa, la vasca venne posta sotto sequestro. Gli accertamenti e i carotaggi, inoltre, vennero effettuati anche nelle zone limitrofe, dove emersero una serie di discariche interrate a loro volta contenenti rifiuti speciali e scarti di produzione. 

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