Gela. Rimane detenuto sotto regime di carcere duro. I giudici del tribunale di sorveglianza di Roma hanno respinto il reclamo avanzato dalla difesa del sessantenne Salvatore Rinzivillo, per gli investigatori nuovo boss dell’omonima famiglia di Cosa nostra. Non sono state accolte le ragioni esposte dal difensore, l’avvocato Roberto Afeltra. Rinzivillo, arrestato dopo il maxi blitz antimafia “Extra fines”, venne sottoposto al 41 bis perché ritenuto pericoloso e saldamente legato alle organizzazioni criminali, non solo gelesi. Secondo i pm dell’antimafia, nel corso degli anni Rinzivillo, che avrebbe ricevuto il comando della famiglia dai fratelli Antonio e Crocifisso (a loro volta al 41 bis), sarebbe riuscito a strutturare le basi per nuovi affari illeciti, anche fuori dai confini italiani. Nel contestare la decisione di imporgli il carcere duro, la difesa ha invece ripercorso quanto sostenuto dagli stessi giudici romani, sei anni fa. Esclusero che Rinzivillo potesse essere pericoloso. I pm dell’antimafia hanno concluso per il rigetto del reclamo, ribadendo la necessità che il sessantenne permanga sotto regime detentivo di 41 bis. Dall’inchiesta “Extra fines”, emerge il ruolo di un vero e proprio capo, in grado di avere contatti con esponenti di rilievo delle cosche siciliane, ma anche con gruppi criminali stranieri.
Il rigetto del reclamo, formalizzato dai giudici capitolini, è stato comunicato anche alla difesa, che si appresta a rivolgersi alla Cassazione, sempre nel tentativo di ottenere la revoca della misura. Rinzivillo è già stato condannato in alcuni procedimenti scaturiti da vari tronconi dell’indagine madre “Extra fines”, anche se non in via definitiva. Il legale che lo rappresenta è convinto che non ci siano gli estremi per giustificare l’isolamento del carcere duro.