Gela. Lo scorso dicembre, i giudici del tribunale di sorveglianza di Roma hanno respinto il reclamo presentato dalla difesa del sessantenne Salvatore Rinzivillo. L’avvocato Roberto Afeltra aveva chiesto che venisse revocato il regime del carcere duro, che fu imposto a Rinzivillo subito dopo l’arresto nel blitz “Extra fines”. La decisione dei giudici romani è stata impugnata dalla difesa che ha depositato ricorso in Cassazione. Il sessantenne è ritenuto il nuovo capo dell’omonima famiglia di Cosa nostra, con il consenso dei fratelli ergastolani Antonio Rinzivillo e Crocifisso Rinzivillo. I pm dell’antimafia si sono a loro volta opposti all’eventuale revoca del regime carcerario, considerandolo ancora molto pericoloso, soprattutto per i legami che avrebbe avuto anche con esponenti di altri clan. Per la difesa, invece, non ci sono più i presupposti per giustificare la detenzione sotto 41 bis. Tra gli altri elementi proposti dal legale, il contenuto di una decisione che sette anni fa fu emessa proprio dai giudici del tribunale di sorveglianza di Roma, che in quel caso esclusero la pericolosità. Si attende che venga fissata l’udienza davanti ai magistrati di Cassazione. Rinzivillo è già stato condannato, anche se non in via definitiva, in due diversi filoni processuali della maxi inchiesta “Extra fines”. La stessa Cassazione, però, ha annullato una pronuncia della Corte d’appello di Roma, almeno per quanto riguarda il metodo mafioso.
In settimana, si attende un’altra decisione che riguarda sempre accuse legate all’indagine “Extra fines” e alla rete di supporto che Rinzivillo sarebbe riuscito a strutturare.