Gela. “Le forze dell’ordine dovrebbero intervenire nelle campagne, la situazione è fuori controllo. C’è chi lavora anche per trenta euro al giorno e i braccianti vengono a piangere da noi volontari”.
Giuseppe Troisi lancia l’allarme davanti ad una realtà diventata, anno dopo anno, insostenibile.
“L’Inps – spiega – ha censito in città circa mille lavoratori agricoli. Di questi, almeno trecento sono stranieri regolarmente inseriti nelle liste. Ma quelli che lavorano in nero sono il doppio. Chi controlla? Chi fa rispettare le regole? Basta recarsi nelle aree di campagna al mattino per assistere a vere e proprie scene di compravendita”.
Intanto, con molti operai stranieri disposti a lavorare nei campi per cifre decisamente inferiori rispetto ai circa cinquanta euro della paga provinciale, anche i braccianti locali non riescono ad avere continuità d’impiego.
“Ogni giorno – continua Troisi – molti braccianti vengono da noi a piangere. Non riescono più a vivere del loro lavoro. Se non si garantiscono i diritti di tutti i lavoratori stranieri anche i nostri braccianti saranno destinati ad andare via”.
Le cifre, quindi, parlano chiaro. “Romeni e bulgari – ammette Troisi – sono sempre di più. Intere famiglie arrivano in città cercando impiego. La politica, da questo punto di vista, ha completamente dimenticato la questione. Neanche gli imprenditori che decidono d’investire nel settore sono sicuri di ottenere un guadagno”.
I numeri del lavoro sommerso, come confermato dallo stesso Giuseppe Troisi, impegnato anche per conto del sindacato, stanno completamente affossando il settore dell’agricoltura.
“Nessuno s’interessa a queste persone – conclude il volontario – e sempre più spesso, i braccianti lasciano la città per il semplice motivo che non riescono più a viverci”.