Gela. Quattro anni fa, nel caso di un’anziana che arrivò in ospedale con una frattura scomposta dell’omero, ci sarebbero state presunte omissioni, concentrate secondo la procura sulla comunicazione dei posti disponibili. La donna infatti venne trasportata in un altro nosocomio, quello di Vittoria, direttamente dai familiari, perché nella struttura di Caposoprano non ci sarebbero stati posti in attesa dell’intervento chirurgico. A processo, davanti al collegio penale del tribunale (presieduto dal giudice Miriam D’Amore), c’è il medico Salvatore Sauna, difeso dall’avvocato Antonio Gagliano. Quel giorno, quando l’anziana giunse in ospedale, copriva la reperibilità in ortopedia e gli venne chiesta una consulenza. Effettuò gli accertamenti, con il successivo referto. Per la difesa, non ci sarebbero state anomalie neanche rispetto alla comunicazione sui posti. Il medico che per prima si occupò della paziente, sentita nel corso dell’udienza, ha spiegato che davanti a quel quadro clinico contattò tutti i reparti che avrebbero potuto garantire un eventuale ricovero ma in nessuno pare ci fosse disponibilità per collocarla. Secondo i familiari, sentiti in aula, la frattura riportata per una caduta in casa le generava una forte sofferenza. La famiglia ha scelto di stare nel procedimento con la costituzione di parte civile, attraverso il legale Nicoletta Cauchi.
Durante l’esame dei testimoni, la difesa ha più volte insistito sul fatto che l’anziana venne stabilizzata, anche attraverso una fasciatura. Prima di tentare l’opzione del nosocomio di Vittoria, come ha detto il medico chiamato a testimoniare, furono contattati non solo i reparti della struttura di Caposoprano ma anche altri ospedali.