“Praesidium”, poliziotto: “Auto bruciata perché proprietario aveva collocato telecamere”

 
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La scena di un incendio doloso ripresa da sistemi privati di videosorveglianza

Gela. L’inchiesta partì dalle verifiche effettuate dopo l’incendio di un’automobile, in via Lecce, tra le strade del quartiere Sant’Ippolito. Per i poliziotti del commissariato che se ne occuparono, le fiamme vennero appiccate come avvertimento al proprietario della vettura. “L’incendio venne appiccato perché il proprietario, nella sua abitazione, aveva installato un sistema di videosorveglianza”, ha detto il poliziotto sentito in aula, davanti al giudice Eva Nicastro. Quelle telecamere, secondo gli investigatori, davano fastidio ai presunti pusher, coinvolti nell’indagine “Praesidium”. Un gruppo di giovani aveva scelto la zona per gestire un presunto giro di droga. Le dosi pare venissero nascoste anche nei tubi dell’acqua piovana, che finivano in strada. Nel quartiere, viveva l’attuale collaboratore di giustizia Giovanni Canotto, a sua volta coinvolto nell’indagine. Il poliziotto ha fatto riferimento allo stesso Canotto e a diversi giovani che avrebbero gravitato nel gruppo individuato dagli inquirenti, che per diverso tempo monitorarono quelle strade.

Davanti al giudice, ne rispondono Crocifisso Giaquinta, Andrea Lo Bartolo, Carmelo Martines, Giuseppe Di Giacomo, Salvatore Salafia, Maurizio La Rosa, Paolo Fausciana, Crocifisso Vella e Vincenzo Ingegnoso. Nei loro confronti, venne disposto il rinvio a giudizio mentre altri presunti complici sono già stati giudicati, in abbreviato. Il testimone ha ricostruito decine di episodi legati allo spaccio di droga e l’esame proseguirà. Ha risposto alle domande del pm Gesualda Perspicace e dei legali di difesa degli imputati. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Carmelo Tuccio, Davide Limoncello, Flavio Sinatra Rocco Cutini, Giusi Ialazzo, Rosario Prudenti, Paolo Testa, Anna Rita Lorefice e Alessandra Campailla.

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