Paura Covid in città, Giudice: “Istituzioni non si limitino ai proclami su facebook”

 
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Ignazio Giudice

Gela. Il contagio Covid in atto, con numeri sempre maggiori, soprattutto in città, a Niscemi e Caltanissetta, ha spinto anche il sindaco Lucio Greco a lanciare appelli pubblici al rispetto delle regole di prevenzione (mascherine e distanziamento). Appelli che secondo il segretario confederale Cgil Ignazio Giudice hanno limiti notevoli e da soli non bastano. “Dove stiamo andando e dove vogliamo andare? Due sole domande, le cui risposte tracciano perfettamente il quadro della situazione che stiamo vivendo. Salgono i numeri delle persone positive in tanti Comuni della provincia, Gela, Niscemi e Caltanissetta sono un esempio eclatante, e il Covid forse fa sempre più paura. Non so più cosa sia corretto – dice il sindacalista – temere il virus o l’incoscienza di chi ci sta accanto? Sono sempre meno coloro che rispettano le regole, quelle pochissime regole per la tutela propria e altrui. Perché? Perché ci sentiamo intoccabili o perché non ci sentiamo più in dovere di rispettarle? E venendo meno il senso civico, chi dovrebbe agire per garantirlo? Assisto a una generica indifferenza, questa è la percezione che si ha, assembramenti di giovani e meno giovani a ogni ora del giorno e della sera, come se il virus non li toccasse, eppure è proprio tra di loro che sta trovando spazio nella nostra città. Indifferenza da parte delle istituzioni, soltanto proclami perfetti per titoli di giornale acchiappa like. Le amministrazioni che hanno il potere di decidere, che scrivono cosa sia giusto o meno fare, lo fanno timidamente scaricando competenze una volta alla sanità pubblica, una volta sulla Regione e l’altra sullo Stato centrale, ma chi scende realmente tra i ragazzi a tirar loro le orecchie, a far capire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato nei loro atteggiamenti?”. Anche il ritorno dell’esercito per i controlli non viene considerata come la soluzione definitiva

“Abbiano molto apprezzato il ruolo dei dirigenti scolastici e del personale della scuola, di tanti genitori che si sforzano di spiegare la delicatezza del momento, ma ciò non basta. È arrivato l’esercito, come se fosse l’unica soluzione al problema. È duro ammetterlo, ma occorrono le maniere forti. La percezione che il problema si stia sottovalutando è sempre più concreta. Dove stiamo andando e dove vogliamo andare? Due domande alle quali risponderei in un modo soltanto. Stiamo andando nella direzione sbagliata, quella che metterà a rischio la salute dei cittadini più fragili, che potrebbero essere i nostri nonni, nostra madre, nostro padre, noi stessi. Quella che metterà in ginocchio l’economia, il lavoro già fortemente compromesso da una crisi che lo ha dimezzato o quasi. Stiamo andando nell’unica direzione che non dovremmo intraprendere, quella che ci fa ancora temporeggiare prima di prendere delle posizioni concrete e coraggiose. Non bisogna attendere il buon senso, basta appelli da pagine facebook. Dove vogliamo andare? Dove stavamo ieri – conclude Giudice – nella sicurezza di un abbraccio, di una stretta di mano, di una normalità che tanto ci manca, ma che non dobbiamo sacrificare. Perché l’indifferenza di oggi farà la differenza domani, quando tutto non sarà più come prima e riprendersi la vita vera diventerà sempre più difficile. Speriamo non impossibile. Tutti abbiamo una coscienza, cerchiamo di svegliarla con urgenza”.

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