Operaio morì in un cantiere in Liguria, Cassazione conferma condanna del titolare gelese

 
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Immagini di repertorio

Genova. L’incidente mortale si verificò in un cantiere privato, in provincia di Savona. Un operaio cinquantatreenne, Michele Macciardi, sette anni fa perse la vita. Cadde da un’altezza di circa dieci metri. Era in corso la fase di smontaggio di un ponteggio edile in un edificio. Fatti che hanno portato a processo il titolare dell’impresa per la quale l’operaio lavorava, il gelese sessantenne Ignazio Pagano. La Corte di Cassazione, con motivazioni pubblicate, non ha accolto il ricorso presentato dal legale di Pagano, l’avvocato Giuseppe Pugliese. Sia in primo che in secondo grado era già stata emessa una pronuncia di condanna per l’imputato, con l’acusa di omicidio colposo. In base alle contestazioni, quel ponteggio, in fase di smontaggio, non sarebbe stato sicuro. Il lavoratore non venne monitorato durante l’attività e pare che nel tentativo di raggiungere l’ultimo impalcato, a causa di una botola di collegamento ostruita, si pose all’esterno, senza vincolarsi con la cinghia. Perse l’equilibrio, precipitando al suolo. La morte arrivò dopo un ricovero durato sette mesi.

La difesa di Pagano ha sottolineato la possibile assenza di un nesso di causalità diretto tra l’incidente sul lavoro e il decesso, verificatosi molti mesi dopo. Tesi non accolta dalla Cassazione, che di fatto ha confermato le decisioni di primo e secondo grado dei magistrati genovesi, ritenendole pienamente fondate anche dal punto di vista del riconoscimento della responsabilità dell’imputato. “I giudici di merito, per contro, hanno plausibilmente affermato che nella specie una vigilanza diretta sarebbe stata quanto mai necessaria per sovrintendere a lavori in quota particolarmente pericolosi, anche solo per impedire al lavoratore di commettere azioni rischiose”, si legge nelle motivazioni della Cassazione. Per i giudici romani, inoltre, “se il lavoratore si fosse agganciato, o se qualcuno avesse sorvegliato le operazioni, non vi sarebbe stata alcuna caduta: il nesso di causalità è stato, quindi, adeguatamente argomentato dalla sentenza impugnata”. Nel procedimento, la moglie del lavoratore morto è stata parte civile, rappresentata dal legale Deodato Carlo Portaccio.

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