Operaio malato dopo l’esposizione ai fumi di saldatura, chiesta condanna per vertici e tecnici Smim

 
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Gela. Per oltre venti anni sarebbe stato esposto ai fumi di saldatura e adesso deve convivere con una grave patologia respiratoria. Fu l’ex operaio della Smim Antonio Di Fede a denunciare la presunta violazione delle misure di sicurezza e prevenzione da parte dei responsabili della società metalmeccanica, che per anni ha operato nell’indotto di raffineria. Al termine della sua requisitoria, il pm Sonia Tramontana ha chiesto la condanna a dieci mesi di reclusione nei confronti del proprietario Smim Giancarlo Barbieri e degli ex dipendenti Luigi Pellegrino, Giovanni Giorgianni e Giovanni Corbino, che avrebbero avuto anche compiti di supervisione sul rispetto della normativa in materia di sicurezza. Per il pubblico ministero, “alla Smim non c’erano misure di sicurezza” e Di Fede sarebbe stato costretto a lavorare in condizioni al limite, esposto soprattutto ai fumi di saldatura. L’accusa fa leva su una perizia tecnica che confermerebbe il quadro tracciato dagli inquirenti. A chiedere la condanna di tutti gli imputati e il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni, è stato anche il legale di parte civile, l’avvocato Giacomo Di Fede (che assiste l’ex operaio oggi malato). La parte civile ha ripercorso gli anni di lavoro, sottolineando proprio la costante assenza di presidi di sicurezza. Semplici mascherine non sarebbero bastate ad evitare che respirasse in continuazione i fumi. I legali di difesa, però, hanno prospettato una ricostruzione del tutto difforme. “La Smim non era affatto un Inferno dantesco”, ha spiegato uno degli avvocati.

Secondo i difensori, sarebbero state rispettate tutte le procedure a tutela dei dipendenti e l’azienda si sarebbe sempre dotata dei dispositivi necessari. Gli avvocati Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Vincenzo Cilia e Saverio La Grua hanno messo in dubbio la sussistenza del nesso di causalità. Le funzioni ricoperte in Smim dagli imputati non avrebbero nessuna connessione con le conseguenze patite dall’operaio, la cui malattia professionale è stata riconosciuta anche dai funzionari Inail. Non è stata esclusa neanche la prescrizione dei capi di imputazione, visto il lasso di tempo già trascorso. Il giudice Marica Marino deciderà alla prossima udienza, tra una settimana.

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