Gela. La sua attività imprenditoriale, avviata nel nord Italia, avrebbe attirato gli interessi di esponenti di spicco di Cosa nostra locale. Angelo Bernascone, che dal 2006 decise di collaborare con la giustizia, questa mattina è stato sentito dai giudici della Corte d’assise di Caltanissetta. La sua testimonianza è ritenuta importante dai pm dell’antimafia nissena, che hanno indagato sull’omicidio del tassista Domenico Sequino, ucciso nel cuore del centro storico, a pochi passi dalla chiesa Madre. Le accuse vengono mosse a Nicola Liardo e Giuseppe Liardo, padre e figlio, e a Salvatore Raniolo. Per la Dda, ci sarebbe il denaro dietro alla decisione di uccidere Sequino. I Liardo rivolevano i circa sessantamila euro che sarebbero stati consegnati a Bernascone, per un investimento andato però a vuoto. Le somme non sarebbero mai state restituite a Nicola Liardo. Bernascone, in aula, ha raccontato di non aver mai fatto parte di organizzazioni criminali. Esponenti di spicco della famiglia Rinzivillo, ma anche Liardo, cercarono di sfruttare la sua attività per investire. Interessi di questo tipo li avrebbe avuti anche Salvatore Rinzivillo, poi arrestato nel maxi blitz “Extra fines”, perché ritenuto al comando del clan. Contatti ci sarebbero stati con Sequino. Sono fatti che in passato confluirono in un’altra vasta inchiesta, ribattezzata “Tagli pregiati”. I soldi persi avrebbero scatenato l’ira di Nicola Liardo, che in più occasioni avrebbe minacciato Bernascone. Il collaboratore ha spiegato di essere stato aggredito e picchiato. Ci sarebbe stato anche un incontro, al quale parteciparono esponenti di spicco della famiglia Rinzivillo, al termine del quale sarebbe stato deciso di ucciderlo.
Tutti aspetti raccontati in aula dal testimone, che ha risposto alle domande del pm della Dda di Caltanissetta, Nadia Caruso. Ha spiegato di aver perso, a sua volta, ingenti somme. La famiglia di Sequino è parte civile, assistita dal legale Salvo Macrì. L’esame dell’imprenditore, comunque, proseguirà ad ottobre. Saranno i legali di difesa degli imputati a porre domande. I Liardo e Raniolo sono rappresentati dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Antonio Gagliano e Gioacchino Genchi. I tre accusati hanno sempre respinto le contestazioni, dicendosi del tutto estranei all’agguato.