Gela. Avrebbe visto Angelo Meroni con la pistola in mano subito dopo gli spari che colpirono mortalmente l’edile Francesco Martines, ucciso nel dicembre di due anni fa nella zona di via Dell’Acropoli. E’ stato sentito davanti al giudice Veronica Vaccaro l’uomo che era a bordo della vettura condotta proprio dal presunto omicida e sulla quale viaggiava anche la vittima.
In base alla ricostruzione fornita, due spari sarebbero stati esplosi dalla pistola utilizzata in quei minuti. Il testimone, rispondendo alle domande formulate dal legale di difesa Davide Limoncello e da quello di parte civile Flavio Sinatra che assiste i familiari, ha comunque ammesso che l’arma era già nella disponibilità di Meroni e del figlio della sua compagna, a sua volta presente all’interno della Fiat Punto. Il teste, però, non ha saputo dare certezze sull’identità di chi aprì il fuoco.
La pistola, da quello che è emerso, era nascosta nel baule del motorino del minore. I due avrebbero deciso di armarsi prima di affrontare l’incontro chiarificatore con Francesco Martines che accusava Meroni di aver organizzato un maxi furto all’interno del cantiere edile di contrada Farello gestito dalla società Tecnkos.
Il minore avrebbe avuto a disposizione la pistola proprio per evitare possibili reazioni violente. Stando al teste, però, dopo gli spari sarebbe stato Meroni ad avere l’arma tra le mani. Intanto, il giudice Veronica Vaccaro ha scelto di rinviare al prossimo 21 maggio per le discussioni finali. Angelo Meroni, oltre a rispondere dell’omicidio di Francesco Martines, è accusato del tentato omicidio di Salvatore Martines, fratello dell’edile, e di Vincenzo Alfieri, cugino dell’uomo.