Gela. Palloncini, mani e volti dipinti di blu, appelli e propositi che si perdono nella retorica così come i palloncini blu spariscono nel cielo una volta liberati.
La liturgia del Blue Day, la giornata mondiale della consapevolezza dell’autismo non è differente alle altre migliaia di giornate mondiali che affollano il calendario. Manifestazioni, eventi ed interviste, ma soprattutto riflettori che si spengono la sera del 2 aprile per non riaccendersi più per un intero anno.
L’autismo però è una condizione con cui le famiglie convivono ogni giorno, 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno, in un territorio che non offre strutture ed assistenza e dove spesso quei pochi privati sono costretti a sostituirsi al pubblico che non c’è.
Una storia comune a tanti genitori di ragazzi autistici che oggi vivono il 2 aprile con quel retrogusto amaro di chi già sa che domani nessuno se ne ricorderà.
Storie come quelle di Linda, mamma di Simone, 23 anni.
“Oggi è Il Blue day per tutti gli altri, per tutti quelli che non si occupano di autismo durante tutto l’anno – racconta – per noi genitori il Blue Day è ogni giorno. Per me i giorni sono blu tutti, da 23 anni a questa parte. Le iniziative di sensibilizzazione sono belle ed importanti, ma non bastano se poi non si da seguito alle parole con i fatti. E ad oggi di fatti se ne vedono davvero pochi”.
Simone oggi ha 23 anni, è uscito fuori dal circuito scolastico. Un’età per cui il servizio pubblico offre poco o nulla, ecco perché Linda e suo marito Salvatore sono costretti a rivolgersi al privato. Non basta nemmeno il centro diurno voluto da Asp e comune. Poche ore a disposizione per le terapie e poco spazio per chi come Simone è già adulto.
“Io devo ringraziare l’associazione “Tempio di Apollo” se Simone riesce ad occupare le sue giornate con tante attività anche fuori da casa – racconta Linda, che fa parte dell’associazione Amautismo che per anni si è battuta per la realizzazione della struttura – per quel che riguarda il pubblico il servizio è troppo precario per i giovani adulti autistici e se noi genitori non avessimo il provato a cui rivolgerci, saremmo in enormi difficoltà”.
Tra le preoccupazioni dei genitori come Linda è il “Dopo di Noi”, una legge che possa garantire i ragazzi dopo che i genitori non ci saranno più.
“Il “Dopo di Noi” è un altro enorme cruccio per noi genitori – dice Linda – allo stato attuale pensare ad un eventuale futuro spesso diventa difficile e doloroso, ecco perché adesso preferisco concentrarmi di più sull’oggi, portando al meglio le nostre giornate e cercando di dare a Simone tutto l’equilibrio e la serenità di cui ha bisogno”.
Linda conclude poi con un appello ad andare oltre il Blue Day.
“Vanno bene i palloncini, le mani dipinte di blu e tutte le manifestazioni che caratterizzano questa giornata – dice – ma non riduciamolo semplicemente ad una ribalta mediatica di 24 ore. Noi esistiamo ogni giorno, quindi ognuno faccia la sua parte, in maniera seria, responsabile e concreta”.