Gela. Non era un assenteista. Cadono le accuse nei confronti di un dipendente dell’Asp locale, in servizio negli uffici cittadini di medicina legale. Giuseppe Amato, davanti al giudice Lirio Conti, era chiamato a rispondere di truffa. Per circa una settimana, venne costantemente monitorato dai carabinieri. Il magistrato ha emesso un verdetto di assoluzione piena. Il pubblico ministero Gesualda Perspicace, a conclusione della requisitoria, ha invece chiesto la condanna ad un anno di reclusione, ritenendo provate le accuse. I carabinieri lo seguirono, monitorandone gli spostamenti, durante l’orario di lavoro. Sarebbe stato notato anche all’interno di un supermercato e nei pressi di un’officina meccanica. Inoltre, al mattino, avrebbe preso servizio, ben oltre l’orario previsto. L’Asp si è costituita parte civile con l’avvocato Diego Napoli, chiedendo la condanna. La difesa, sostenuta dall’avvocato Giuseppe Nicosia, ha invece fondato le proprie conclusioni su una serie di fatti, che sono emersi nel corso della lunga istruttoria dibattimentale.
Le accuse al dipendente dell’Asp. Amato, infatti, sarebbe stato costretto a muoversi dal posto di lavoro, ovvero gli uffici di via Venezia, per tappare i buchi di organico e recuperare materiale necessario alle attività, compreso quello di cancelleria. “Io ho un contratto a ventiquattro ore settimanali – ha spiegato in aula l’imputato – ancora oggi, sono un precario. Mi spostavo perché non avevamo un messo, addirittura raggiungevo gli uffici di via Parioli con la mia auto e a mie spese. Mi sono messo a disposizione, anche se non era previsto dalle mansioni”. Una versione corroborata da diversi testimoni sentiti in aula. Una linea ricostruttiva che ha convinto il giudice Conti. Il magistrato ha emesso un dispositivo di assoluzione, accogliendo quanto chiesto dalla difesa.