Gela. L’immobile, lungo un tratto della Gela-Butera, venne realizzato con un’iniziale concessione edilizia, rilasciata per un capannone agricolo. La struttura sarebbe dovuta servire ad attività di trasformazione di prodotti. In realtà, come hanno accertato i tecnici del settore urbanistica e territorio del Comune e gli agenti della municipale, è diventata una vera e propria abitazione, con piscina. Lo scorso anno, venne emessa l’ordinanza di demolizione di tutte le opere eseguite in maniera difforme alla concessione, rilasciata nel 2006. La società che risulta proprietaria non ha provveduto e a giugno è stato notificato l’atto di inottemperanza, comprensivo di sanzione. La società ha impugnato tutti i provvedimenti e le relazioni tecniche degli uffici comunali, rivolgendosi al Tar Palermo. Il legale, l’avvocato Antonietta Sartorio, ha spiegato che in realtà le opere in difformità sarebbero da collegare a chi vive nell’immobile e non alla società proprietaria, che sarebbe venuta a conoscenza degli abusi solo dopo aver ricevuto la prima ordinanza di demolizione. Sarebbe stato già attivato un procedimento civile per rientrare in possesso dell’intero immobile. Chi ci vive viene considerato “abusivo”. Le ragioni avanzate dalla società non hanno trovato riscontro dai giudici amministrativi.
E’ stata respinta la richiesta di sospensiva che avrebbe bloccato gli effetti delle ordinanze di demolizione. I provvedimenti firmati dai tecnici del Comune continuano ad avere efficacia. Palazzo di Città si è costituito nel giudizio, con l’avvocato Angelo Gaccione, che ha insistito sulle ragioni che hanno portato all’ordinanza di demolizione e ai successivi atti. I magistrati palermitani non hanno riscontrato né il fumus boni iuris né l’eventuale periculum in mora, rigettando le ragioni avanzate dalla società.